Sintesi della trilogia narrativa di Rolando Rizzo

 
Breve sintesi della trilogia di Rolando Rizzo: Il mulino sul Colognati , Il viaggiatore. Dal Colognati all’Arno. Villa Aurora, Il terzo treno, dal Colognati, da Villa Aurora.

L’autore
Rolando Rizzo è nato a Rossano il 3 gennaio del 1944 e ha vissuto nelle sue campagne e in paese senza mai conoscerne un altro sino al 1958.
Ha insegnato Teologia Pratica nella facoltà Teologica Avventista “Villa Aurora” a Firenze dal 1990 al 2005..
Con L’ADV di Falciani – Firenze ha pubblicato numerose opere di divulgazione teologica e saggi; e su sue riviste, anche varie decine di articoli tra cui scritti poetici e poesie.
Con questi due romanzi in successione, Rolando Rizzo ritorna al suo grande amore che è la letteratura il cui talento fu segnalato da poeti del calibro di Mario Luzi, Carlo Betocchi e Nicola Lisi i quali gli assegnarono, per due suoi componimenti, una medaglia d’oro nel 1969 e una nel 1970, nell’ambito di due rassegne poetiche organizzate dal Centro Culturale fiorentino “Lo Sprone”.
Il “Mulino” è stato presentato con grande successo di pubblico e di critica a Firenze nel salone del Consiglio Regionale Toscano, a Roma nella sede della Confesercenti, a Milano nel teatro La corte dei miracoli, a Bologna nell’Aula Magna dello storico liceo Minghetti, a Rossano calabro di fronte a 600 persone nel Nuovo Anfiteatro sul mare. A Firenze e a Roma, ha presenziato la presentazione il sindaco di Rossano calabro venuto appositamente per onorare l’opera.
Il Viaggiatore,edito nel dicembre del 2009, ha iniziato il suo ciclo di presentazione nelle Casa delle Culture di Cosenza, presenti l’Assessore alla Cultura e numerose autorità artistiche. Poi è stato presentato nello storico Teatro Paolella di Rossano appena restaurato, anche qui alla presenza del Sindaco, dell’Assessore alla cultura e di un numeroso pubblico. Sarà, come il Mulino, presentato a Roma, Bologna, Milano, Firenze…

l Mulino sul Colognati è un viaggio, tra il sogno e la realtà, della memoria e dell’anima nell’infanzia, nella Calabria rurale dal 1949 al 1958, poco prima che i contadini abbandonassero in massa le campagne per le fabbriche del nord Italia e del nord Europa e morissero alla loro identità, al loro mondo e alla loro cultura secolare, pur intrisa di povertà e di dolore.

Il Mulino sul Colognati evoca quel mondo e quella cultura raccontando l’esperienza di un ragazzino tra i sei e i quattordici anni.
Narrando gli eventi gioiosi e dolorosi che lo coinvolgono, ma anche l’atmosfera di quella terra, i suoi valori, i suoi miti, tra realtà e fantasia, tra storia e leggenda, l’autore riporta alla memoria un tempo e un mondo, radici, che abbiamo bisogno di non dimenticare.

Tutto è ambientato a Rossano Calabro, per secoli, forse la più sicura fortezza della Magna Grecia; certamente uno degli acrocori più caratteristici dell’intero meridione. Ma le vicende narrate, quella cultura e quei paesaggi, con pochissimi ritocchi secondari, potrebbe corrispondere a qualunque piccolo centro del meridione rurale di quegli anni.

L’autore, per evocare la magia di quel tempo e di quel mondo, ha voluto parlare di ogni protagonista particolarmente significativo, persona, luogo o cosa, nominandoli attraverso la forma dialettale.
Il racconto attinge a piene mani a elementi autobiografici, però senza asservimento, come il pittore ai colori, rigorosamente, solo quando l’affresco che ha in mente li impone. Settimio Ferrari

Nel romanzo “ Il viaggiatore” Rolando Rizzo narra con forti accenti evocativi di una partenza dolorosa verso la speranza, e di un percorso tormentato e talvolta drammatico che approda ad una felicità ricercata con ostinazione e senso del limite. Una vicenda assai simile a quella di tanti ragazzi del quarto e quinto mondo che lasciano in lacrime i colori della propria terra, i compagni di giochi, quando il gioco è la vita, le mamme, i nonni, per inseguire un sogno che spesso è costellato da incubi.
Il viaggiatore , romanzo di formazione , racconta di un ragazzino di 14 anni, mai uscito dal suo paese, che lascia in lacrime l’acrocoro di Rossano calabro sullo Ionio su un treno affollato di emigranti, determinato a realizzare il disegno di una nuova, più ricca e matura identità, a Villa Aurora, una villa principesca sulle colline di Firenze, attribuita a Michelozzo, a due passi dalla villa di campagna di Lorenzo il Magnifico .
La visione che agli inizi pare facilmente realizzarsi diventerà presto un miraggio e un incubo. Troppe le differenze tra il suo mondo e il mondo nuovo che era compatibile solo nei suoi sogni di bambino. Il protagonista sarà costretto a vagabondare alla ricerca di un baricentro spirituale e morale per riscoprire e ricomporre il mosaico della sua famiglia che una tragedia aveva violentemente frantumato. Alla fine prevarranno la misericordia e l’amore anche se, numerose volte, sarà sfiorata la morte morale e spirituale.
Il romanzo, ricco di poesia, si impernia sul vissuto dell’autore, ma si apre, attraverso suggestive metafore letterarie, ad un mondo di personaggi ricchi di umanità e di grande spessore psicologico, che il narratore con la sapiente tecnica di un “ puparo siciliano” mette in campo con commossa partecipazione.
A Rolando Rizzo ben si addice ciò che era solito dire Eduardo De Filippo della sua opera:- Ho respirato la sofferenza di tanta gente.
Gennaro Oriolo

Dopo “Il Mulino sul Colognati” e “Il viaggiatore”, due avvincenti romanzi di “formazione “, Rolando Rizzo completa la sua trilogia con “Il terzo treno”, un romanzo straripante di schietta sincerità e umanità.
Il ragazzino Razzotti, all’età di quattordici anni, era salito sul primo treno della sua vita , da Rossano calabro a Firenze, con il cuore in tumulto, ma anche pieno di slancio per il futuro. Il secondo treno lo porta a Nobomo, in Piemonte, con la responsabilità di pastore di una piccola comunità avventista. Assieme alla moglie Giulia, collaboratrice preziosa nel suo ministero di speranza, e alla piccola Simona, prende poi non ancora trentenne il terzo treno, quello per Roma, essendo stato eletto coordinatore nazionale della Gioventù Avventista.
Ma il radicamento in una comunità di fede non chiude affatto il libro nel recinto sacro di una confessione religiosa. Vivendo la missione da “paladino e manovale della speranza”, la voglia di ascolto e la generosità d’animo gli fanno vivere incontri con storie personali capaci davvero di testimoniare che “lo Spirito soffia dove vuole”. Intesse anche una profonda relazione di amicizia con don Secondo, un anziano prete cattolico, in un confronto senza pregiudizi reciproci che lo accompagna nel suo cammino esistenziale e spirituale. Razzotti, dotato di un temperamento passionale che lo spinge anche ad usare parole aggressive verso gli “imbonitori” che interpretano e usano il cristianesimo come religione miracolistica e riduttivamente consolatrice, è intollerante nei confronti di chi, in qualsiasi ambito, gestisce in maniera egoistica il proprio potere, anche piccolo. E stabilisce una linea di demarcazione sempre più netta fra la religione e la fede, che in quanto tale, se vera, deve essere illuminata dalla “stella polare di Gesù di Nazareth”.
La fede non può tuttavia cancellare il grande affanno nella ricerca di senso di tante crudeli sofferenze e ingiustizie che travagliano la condizione umana. Per alleviarle, secondo Razzotti, è necessario che la fede in Dio che è Amore sia anche lievito di una bisaccia di valori e di idee che alimentino un impegno civile personale.
“Il terzo treno “ è un romanzo di grande intensità, in cui il vivace dibattito delle idee avviene sempre nel crogiolo di forti sentimenti e di indimenticabili esperienze di vita, che hanno come protagonisti personaggi le cui storie coinvolgono e appassionano.
Pierantonio Zavatti
Scrittore, già Assessore ala Cultura del Comune di Forlì

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