Fede Cristiana e impegno politico

Impegno, coerenza e integrità cristiana possono fare la differenza

 

Era il mio primo convegno pastorale. Teneva la meditazione iniziale un alto dirigente dell’Opera. Commentò la vicenda di Nadab e Abiu che introdussero nel tabernacolo del «fuoco estraneo» e che per questo furono fulminati dal fuoco di Dio (cfr. Le 10).
Facevo parte di una generazione a cavallo di una svolta epocale, che aveva vissuto il ‘68 ed era stato preparato da insegnanti innovatori, Antonio Caracciolo tra questi, che per talento naturale era alla volta conservatore e grande innovatore.
Alcuni professori che a Collonges ci avevano entusiasmato, Steveny, Hugedè, Florì, erano considerati sul crinale dell’eresia da alcuni della vecchia guardia italiana. Cosa del tutto normale quando i ricambi generazionali sono anche figli di mutamenti profondi avvenuti nella società e nella chiesa. Un fatto su tutti caratterizzò quegli anni: i figli avevano avuto opportunità che i padri potevano avere solamente sognato e numerosi erano arrivati sino all’università. La maggior parte dei pastori dai cinquant’anni in su avevano frequentato solo una «Villa Aurora» tecnicamente assai modesta.
Solo qualcuno era andato a Collonges, ma i più vecchi venivano dalla sola esperienza di ottimi laici ed erano stati spesso considerati idonei dopo la frequenza di seminari intensivi di tre-sei mesi.

Fuoco estraneo?
L’alto dirigente dell’opera, che veniva dalla vecchia chiesa che aveva meriti e demeriti, ma a cui certamente qualunque innovazione faceva paura, alla vista di quei giovani abituati a discutere, consultare le fonti, a non avere, a volte eccedendo certo, alcun timore reverenziale, pensò bene di tirare le briglie.
Il fuoco estraneo era l’immagine di tutto ciò che non poteva né doveva contaminare la purezza della verità. La psicologia non era stata ancora inventata nella chiesa avventista, per cui l’autorevole oratore non si limitò, come accade spesso oggi, a elencare definizioni condivisibili da tutti, senza portare alcun esempio. Lui, in questo l’ho ammirato, gli esempi li portò. Tra questi uno. Disse con grande sconcerto:
«Un sabato sono entrato in una comunità avventista, ho visto nell’atrio un manifesto: “Sabato pomeriggio…Tavola rotonda su: ‘fede e politica’”. Com’è possibile che una comunità avventista che avrebbe mille argomenti spirituali su cui dibattere, vada a infangarsi con la politica? … Non portiamo fuoco estraneo nella casa di Dio!».
Non disse che i reprobi sarebbero stati fulminati dal fuoco del comitato direttivo, ma poco ci mancò.

Intrinsecamente sporco?
Alla fine dell’incontro andai a parlargli dato che quel manifesto pubblicitario l’avevo affisso io e riguardava l’abituale incontro settimanale che avevo con i giovani della comunità di Asti.
Un insegnamento errato dato illecitamente sino a cinquant’anni fa continua ancora oggi a sopravvivere in frange poco informate della chiesa, esponendo al ridicolo e all’irrilevanza la nostra testimonianza.
Un pastore avventista non può essere militante in un partito né identificarsi con esso, ma per un fatto di opportunità e di specificità del ruolo pastorale, non perché la politica sia in sé un fenomeno intrinsecamente sporco.
Anche le leggi dello Stato, per gli stessi motivi, non consentono alla magistratura, ai corpi di polizia e a diverse figure istituzionali di schierarsi politicamente.

Politica e fede sono incompatibili?
L’esercizio politico, per un avventista, non dovrebbe avere alcuna connotazione malefica, per numerosi motivi:
1. Per ciò che la parola politica significa. Basterebbe leggere un dizionario:
«La scienza e l’arte di governare, cioè la teoria e la pratica che hanno per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello Stato e la direzione della vita pubblica»;1
2. Lo Stato come si presentava ai tempi biblici era paternalistico, autoritario, violento. Era legittimato dal solo uso della forza, dalla guerra di conquista. Eppure numerose pagine bibliche non solo fanno appello al rispetto dello Stato, ma addirittura raccontano di numerosi uomini di Dio che furono grandi statisti: Giuseppe, Daniele…;
3. Quando Dio liberò Israele lo organizzò non solo come popolo spirituale, ma come nazione con le sue leggi che riguardavano l’amministrazione del loro mondo presente: la tutela dei campi, delle case, del salario dei lavoratori, delle coltivazioni, della tutela delle libertà individuali, perfino del diritto degli animali, anche quelli selvatici;
4. Numerose pagine bibliche contengono veri e propri appelli politici; i profeti, Amos, Osea… invocano il diritto, l’uguaglianza sociale, provvidenze verso i disagiati, e se è vero che parlano tutti di Dio, non tutti parlano di salvezza e di eternità, ma della necessità prioritaria della giustizia nel loro tempo. Nessun profeta si è limitato a guardare solamente in alto trascurando la vita terrena;
5. Nel mondo avventista di oggi e di ieri non sono mancati e non mancano i politici: abbiamo avuto e abbiamo sindaci, primi ministri, presidenti della Repubblica, deputati al Congresso degli Stati Uniti, onorati dai nostri organi direzionali mondiali, intervistati dalle nostre riviste più importanti, chiamati a testimoniare ai nostri congressi mondiali. In nessun nostro regolamento a nessun livello è stabilito che un avventista non può essere un politico.

Carità istituzionalizzata
Sempre, laddove un gruppo di individui va oltre la famiglia, è esistita la necessità di un organismo rappresentativo che gestisca ciò che è comune. Quando questo organismo non è nato dalla rappresentatività, cioè dal voto, è stato costituito dalla pratica della violenza. La legge è stata sempre imposta dal più forte.
Molti dei nostri borghi sono stati edificati in alto sulle rocce, sulle vette delle colline e dei monti, con grande fatica poiché sarebbe stato più facile costruirle nelle piane. Tutto ciò è avvenuto a causa della legge del più forte, delle invasioni attraverso le quali un potere si sovrapponeva agli altri. Le costruzioni fortificate avevano la stessa ragion d’essere delle cancellate che barrano i finestroni e le finestre della mia casa, per difenderla dalla piccola criminalità. La grande, se vuole, entra quando le pare. Così fu nel passato: le fortificazioni sui picchi dei colli troppo spesso non frenarono gli invasori più forti. Infatti abbiamo avuto come padroni gli Arabi, gli Austriaci, gli Spagnoli, i Francesi, i Normanni… E, appena un po’ più forti, abbiamo cercato di fare lo stesso invadendo l’Abissinia, l’Eritrea, la Libia, l’Albania, la Grecia.
Da poco tempo, nemmeno un secolo, in Europa, si è affermata la democrazia rappresentativa seppure incerottata, quindi la politica, secondo cui il potere viene scelto periodicamente da ogni singolo cittadino attraverso il suo voto.
Si è affermato il diritto di critica, di opposizione, di sfiducia, e da tutto ciò sono scaturite tratti di giustizia sociale, di uguaglianza, perfino di carità istituzionalizzata.

Conquiste impensabili
Se la politica sostituisce la legge del più forte e significa organizzazione della vita collettiva, esercitando un’autorità che viene liberamente delegata, perché un avventista non dovrebbe poter fare politica?
Perché il popolo di Dio non dovrebbe esercitare una delle conquiste più nobili della civiltà cristiana?
Perché un avventista non dovrebbe portare in politica, all’attenzione della città, i suoi straordinari valori? Le sue straordinarie scoperte?
Non tutto è oro, certo. Ma grazie all’azione politica sono maturate condizioni di vita che erano impensabili appena nel secolo scorso e alcune pochi decenni fa. Alcuni esempi:
– la libertà di espressione;
– la libertà religiosa, di avere una Bibbia;
– la solidarietà sociale: un’ambulanza che arriva per chiunque la chieda;
– le tutele lavorative, le pensioni di vecchiaia, di invalidità, ecc.;
– orari di lavoro dignitosi.
Queste condizioni vengono tutte dall’azione politica, laddove, per arrivare a ciò, molti politici ci hanno rimesso la vita.
Verso metà ‘800, in quasi tutti i Paesi europei molti politici furono imprigionati perché contestavano gli orari di lavoro che oscillavano tra le 13 e le 16 ore.

Migrazioni e pace
Tutta la problematica delle migrazioni è sempre figlia dell’assenza della politica o della cattiva politica.
Continenti ricchissimi come l’Africa potrebbero accogliere migranti se sul posto si imponesse una politica degna di questo nome.
La guerra è sempre figlia della politica, come la pace. L’Europa occidentale non conosce guerra da settant’anni, da quando politici illuminati, subito dopo la devastazione della Seconda guerra mondiale, organizzarono l’Unione Europea.
Non è una bestemmia affermare che in tutto questo processo, che non è mai terminato, gli avventisti non devono esercitare nessun ruolo, se non annunciare il regno futuro? Cosa in sé assai poco faticosa, assai poco rischiosa, assai poco costosa, se il resto del lavoro lo hanno fatto gli altri, rischiando, morendo, anche per noi.

La politica è corrotta?
L’argomento che sembra forte e che è invece debolissimo è il luogo comune che la politica corrompe. Quali sono i campi della vita che non hanno nel proprio potenziale il germe della corruzione? I batteri del male hanno forse trovato nella politica il loro habitat di coltura ideale?
Fare il commerciante, il contadino, il parrucchiere, il dentista, il commercialista, lo sportivo, è forse meno pericoloso per l’anima che fare il politico?
Fare il pastore, ad esempio, dispensa naturalmente l’anima dalla corruzione?
Rispondessimo un sì anche parziale a questa domanda, contraddiremmo tutto quello che crediamo.
Il male non è forse nato nel cuore di Lucifero, in cielo, a diretto contatto con Dio? Adamo ed Eva facevano forse i politici? Caino era forse un politico? O lo era Giuda?
La corruzione avviene nel cuore ogni volta che calpestiamo i valori di verità quali la solidarietà, la misericordia, la giustizia, quale che sia il ruolo che viviamo e il talento che siamo chiamati a esercitare.
Ognuno è tentato in rapporto al ruolo che Dio gli ha assegnato nel mondo. La corruzione esiste quando si viene meno al proprio ruolo.
Le gesta dei politici corrotti vengono giustamente immortalate dalla stampa; quella scandalistica ci sguazza e ci spera.
I parlamentari italiani sono circa novecento; basta il dieci per cento di chiacchierati per diffondere la falsa idea che i politici sono una categoria a sé, intrinsecamente peccaminosa. Ma la percentuale di corruzione dei politici non è certamente superiore a quella dei comuni cittadini.
Ci si dimentica troppo spesso che dove c’è un politico corrotto vi sono ricchi borghesi che lo corrompono. Nessuna forma di prostituzione sarebbe possibile se non vi fossero clienti numerosi.

Alla gloria di Dio
Se un avventista ha il talento per fare politica, ha il dovere sacro di esercitarla, poiché tra le attività umane, se corroborata dalla grazia di Dio, è tra le più nobili, poiché nell’orizzonte della politica si decide il destino terreno del creato e delle creature di Dio.

1 http://www.treccani.it/vocabolario/politica/ – visto in data 05.06.19.

*Pastore emerito

Box
METE DA RAGGIUNGERE – di E.G. White
«Cari giovani, qual è lo scopo della vostra vita? Pensate sia importante prepararsi per occupare un giorno una posizione ed essere qualcuno nella società? Avete mai sognato di raggiungere l’apice del mondo intellettuale, di sedere in parlamento per discutere e decidere le leggi per la nazione? Non c’è niente di male in tutto questo.
Ognuno di voi può lasciare la sua impronta. Non accontentatevi di obiettivi irrilevanti, mirate in alto, e non risparmiate nessuno sforzo per raggiungere la vostra meta. Il rispetto dell’Eterno è alla base della vera grandezza. Nella vita l’onestà deve essere il criterio su cui si fonda ogni vostro rapporto» (Messaggi ai giovani, Edizioni ADV, Impruneta FI, 1998, p. 24).