“Il convento è ricco e i frati sono poveri”

 
Tra le immagini incancellabili dell’infanzia conservo quella di un elemosinante, un vecchietto che un rigido mattino di gennaio si accasciò sulla soglia di casa mia. Avevo tre o quattro anni, ma ricordo perfettamente. Mio padre lo soccorse e si stava organizzando per portarlo all’ospedale quando però sentì il vecchietto sussurrare: “Ho tanta fame!” Mio padre lo portò in casa e lo rifocillò. Si riprese immediatamente. Ci raccontò che non mangiava da quattro giorni.

Era un inverno assai freddo e la settimana successiva la baracca nella quale viveva miseramente andò a fuoco. Il poveraccio morì soffocato. I vigili del fuoco che spensero l’incendio trovarono sotto il miserabile giaciglio dell’accattone due grossi secchi di zingo colmi di danaro. Di monete annerite il primo, di banconote carbonizzate il secondo. Assieme avrebbero costituito una vera fortuna. Il “povero”, con quei secchi di danaro, avrebbe potuto mangiare al ristorante per il resto della sua vita ma, la sua avarizia non gli permise di utilizzare quel tesoro che pur, ogni giorno rimpinguava.

Non so se l’immagine sia perfetta ma in molte occasioni mi ritorna alla mente soprattutto nelle classi della Scuola del Sabato.

Accade, e non di rado accade, che l’intero tempo della lezione scorra nella confusione riguardo a tematiche che sarebbero semplici, se qualche membro fosse abbastanza preparato sul tema o, se lo fosse almeno il monitore. Eppure, oggi a differenza del passato abbiamo a disposizione mille mezzi per chiarirci le idee e di tempo libero, eccezioni a parte, checché se ne dica, né abbiamo assai più che nel passato.
Il mezzo fondamentale voluto appositamente da Dio per il nostro sviluppo spirituale, dopo lo Spirito, è la chiesa, cioè a dire la depositaria dell’insieme dei doni che servono alla crescita. La dottrina dei doni, così centrale negli scritti paolini, rivela senza mezzi termini, che siamo tutti portatori di ricchezza e assieme di povertà. E nel popolo di Dio che è sparso l’insieme dei doni. E’ il popolo di Dio, con i suoi doni supportati dallo Spirito che dovrebbe servire a risolvere le povertà individuali attraverso le ricchezze individuali di cui la chiesa è collettore. Arricchire spiritualmente è tra la funzione primarie della chiesa.

È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori,per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del corpo di Cristo,fino a che tutti giungiamo all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo;affinché non siamo più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore;ma, seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. Efesi 4:11-15

Sul piano prettamente cognitivo spirituale i secchi pieni della chiesa a cui potere attingere sono cospicui e variegati, anche se talvolta invecchiano sotto il giaciglio:

– Le numerose personalità preparate e specializzati in ambiti precisi
– Le Istituzioni
– Una ricchissima produzione libraria.

A volte basterebbe un’email, una telefonata, altre la richiesta di un seminario, assai più spesso, qualche ora passate nel salotto di casa con un buon libro sulle ginocchia, negandosi alle troppe idiozie televisive aumentate a dismisura con il Web in generale, con Facebook, Twitter…
Premetto, che Twitter a parte, sono su Facebook e utilizzo moltissimo il web ma non sino al punto da farmi togliere la gioia di un buon libro con il quale dialogare.
E, sul piano della divulgazione biblico-teologica, lavori eccellenti ne abbiamo numerosi. Quasi ogni tematica è supportata da buoni lavori.
Nel passato, quando non vivevamo crisi economiche come questa, sotto il letto c’era poco per la formazione teologica della chiesa: la collana educare, gli studi biblici di Charles Gerber, le riviste mensili e poco altro. Avere libri di divulgazione teologica era un sogno. Quando nel 1970 mi iscrissi a Collonges, cercai qualcosa sulle profezie apocalittiche e l’unico libro di valore era stato scritto prima della guerra.
Sull’evoluzionismo, sullo Spirito di profezia, sulle profezie apocalittiche, sull’alimentazione, sull’organizzazione della chiesa, sulle dottrine fondamentali… non c’era nulla. Di libri di Ellen G. White, opuscoli e Guida a Gesù. Sino al 1976 non avevamo neppure il Manuale di chiesa.
Oggi non c’è tutto ma c’è molto, direi moltissimo. Quasi per ogni tema c’è un libro o comunque vi sono capitoli approfonditi.
Soltanto che chi usa questa ricchezza sono pochi e chi la ignora sono troppi. Talvolta la fiducia nel messaggio avventista, nella creazione di Dio, nell’ispirazione della Bibbia… Scricchiola, e alla scuola del Sabato regna sovrana la confusione.
Per ciò che riguarda invece gli altri strumenti, conosco comunità che mai li utilizzano. Vivono nell’autosufficienza. Ma nessuno è autosufficiente. Nell’autarchia spirituale si deperisce e si muore. E’ il confronto che vivifica. Sono le ricchezze altrui che integrano i nostri doni insufficienti. “Amatevi gli uni gli altri”, nello spirito dell’insieme biblico, significa anche “arricchitevi gli uni gli altri”.
A volte, per superare la povertà teologica, basterebbe fare una telefonata, un invito, passare un’oretta al giorno con un buon libro il cui autore ha approfondito tematiche bibliche. Invitare nella nostra chiesa l’autore quando questo è possibile.

Ma abbiamo anche altre ricchezze: eccellenti locali di culto che dovremmo gelosamente utilizzare totalmente per noi dei tempi di celebrazione ma, che non dovremmo avere paura di aprire agli altri, al sociale, alla cultura, alla riflessione politica apartitica, all’arte.
Una ricchezza straordinaria sono le istituzioni che hanno spazi utilizzabili in maniera polivalente. Penso a Villa Aurora, a Valle Grande, alla Casuccia Visani.
Recentemente, in quest’ultima, ho vissuto un’esperienza indimenticabile, certo uno dei più bei fine settimana della mia vita.

Un giorno passando casualmente da Casuccia Visani ho incontrato dei fratelli della Comunità Avventista di Roma Lungotevere. Erano una sessantina, per festeggiare il 60° compleanno di Renato Bozzacchi durante l’intero fine settimana. Sono stato invitato da Renato a partecipare e ne sono rimasto entusiasta.

Si avvicinava il quarantesimo anniversario del mio matrimonio e del mio ministero e mi è venuto l’idea di imitare Renato utilizzando Casuccia Visani per la mia festa.

Ho quindi prenotato Casuccia per un fine settimana, dalla cena del venerdì al pranzo della domenica, ed ho invitato a questa festa da me e Raffaella offerta, una sessantina di persone che ci sono stati particolarmente vicini nel nostro percorso umano e spirituale che, sin qui, è durato quaranta anni.
Quarantatre amici sono potuti venire. Circa la metà erano parenti e amici non avventisti.
Abbiamo ricordato, giocato, cantato, pregato, celebrato in una cornice da favola, casa nostra.
Gli ospiti che mai avevano soggiornato a Casuccia Visani sono rimasti sbalorditi: per la gentilezza dei conduttori (Salvatore, Settimia e la sua famiglia), per la qualità delle stanze (attrezzate, pulite, arredate con gusto), per la bellezza del paesaggio, per la cucina semplice e curata da ristorante a molte stelle, per la gentilezza e assieme la preparazione dei volontari, per il senso di fratellanza.
Ho visto amici non credenti cantare i nostri inni, commuoversi durante la predicazione, ringraziare, ringraziare, ringraziare.
E a conti fatti, quando sono andato a pagare, ho speso, per un fine settimana, ciò che avrei speso per soltanto un pasto per quarantatrè persone in un buon ristorante.
Altra perla: abbiamo potuto concordare un menù “cristiano” , curato con eccellente gusto, da tutti apprezzato che non prevedesse sprechi abissali quali quelli che siamo abituati a vedere nelle feste di nozze durante le quali, spesso, i soli antipasti vanno oltre le normali possibilità di essere veramente gustati senza far violenza al nostro organismo.
Perché buttar via caterve di danaro e non utilizzare le ricchezze che abbiamo?
Perché noi frati poveri non impariamo a godere le ricchezze del convento che è assai meno povero di quanto siamo abituati a pensare?

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