Islamici

 
Qualche giorno fa dovevo partire in treno. Amo l’alba, sono uscito di casa assai prima del tempo. Era ancora buio ma gli uccelli già chiacchieravano nei nidi sui pini, nei cespugli gialli di forsizia, sui lecci ancora freddi, sui cipressi dei giardini.

Il camion che raccoglie l’immondizia ostruiva la strada stretta che porta nel viale. Lo guidava un rumeno e un giovane di colore abboccava i cassonetti alle sue possenti leve. Attesi tranquillo che il mezzo andasse altrove quindi raggiunsi la fermata dell’autobus sul viale principale. Lo attendevano imbacuccati altre cinque persone. Due africani due arabi e una signora rumena.

L’autobus non passava. Chiesi loro se ne sapevano l’ora. Mi rispose l’africano: “tra dieci minuti, è sempre puntuale!”.

Chiesi ad ognuno da dove provenissero e che lavoro facessero. Gli arabi facevano i saldatori. I due africani lavoravano in un’azienda agricola. La signora rumena badava due vecchi. Aveva fatto la notte. Oggi era il suo giorno libero, raggiungeva suo marito che lavorava a Imola.

Continuammo la conversazione nell’autobus pieno di stranieri che andavano a lavorare alle cinque e trentacinque del mattino.

Secondo uno studio della Confartigianato realizzato nel 2008, soltanto le badanti straniere che si occupano dei nostri vecchi erano 1.400.000. Circa la metà lavora in nero.

Otto badanti su dieci sono straniere. A Forlì numerose sono arabe. Ma il bisogno sarà superiore nei prossimi anni poiché il numero dei vecchi cresce.

Non c’è studio serio sull’immigrazione il quale non dimostri che gli immigrati sono complessivamente una benedizione per il nostro paese per almeno quattro ragioni:

  1. – Gli italiani fanno pochi figli, da qui ad appena un paio di decenni, il rapporto lavoratori pensionati, già sbilanciato, diventerà insostenibile;
  2. – Nonostante la crisi, già oggi, molti settori industriali e del terziario sprofonderebbero senza la manodopera straniera;
  3. – Centinaia di migliaia di vecchi non avrebbero , già oggi nonostante la crisi, nessuno che si occuperebbe di loro;
  4. – Già oggi contribuiscono a pagare l’undici per cento delle tasse.

 

Ciononostante, una classe politica imbelle, più attenta agli umori superficiali delle masse disinformate e ai loro voti, che alla realtà e al futuro di questo paese, parla di integrazione e spesso nulla fa perché questa veramente avvenga. Anzi, sovente, quando gli stessi immigrati ne sentono il bisogno, c’è chi fa di tutto per impedirla.

Siamo la maglia nera dell’Europa. Il nostro primato lo raggiungiamo di certo con 650.000 nati che vivono sul nostro suolo a cui viene rifiutata la cittadinanza. Alcuni di loro, nati e scolarizzati in Italia, si sentono italianissimi ma, non sono considerati italiani. Una pagina pubblicitaria dell’Unicef che si rivolge al mondo politico inizia con la parola “citrulli”!

Ciononostante, troppo parte dei media, dominati da politicanti interessati per motivi elettorali alla disinformazione, pongono con enfasi in primo piano le gesta delle frange delinquenziali che tutte le emigrazioni portano con se. Le cui percentuali non sono però molte lontane dalla delinquenza autoctona; e forse assai inferiori alla disonestà in doppio petto, italianissima, presente in parlamento, nei consigli comunali, regionali come nel mondo delle imprese.

A Forlì ad esempio vivono circa quattromila anime di cultura islamica e circa altrettanti rumeni. Gli islamici (provenienti da paesi diversi e nemmeno tutti arabi ma uniti dalla fede coranica) hanno sin da subito, quando erano poche centinaia, affittato un locale trasformandolo in luogo di preghiera. Da molti anni, questo locale accoglie solo una piccolissima parte di fedeli mentre gli altri partecipano al culto, in qualunque stagione nel cortile antistante.

Una loro associazione ha raccolto negli anni 500.000 euro ed ha comperato una capannone industriale con l’intento di trasformarlo in un luogo di incontro e di preghiera. Lo ha fatto dopo avere contattato il mondo politico, nella certezza di avere dalle istituzioni, a cui null’altro hanno chiesto, il cambiamento della destinazione d’uso dell’immobile.

L’associazione ha agito sempre nella legalità; ha fatto tutti i passi burocratici necessari nella totale trasparenza senza mai una protesta né un solo atteggiamento irrispettoso.

Ha invano richiesto il rispetto della Costituzione italiana che assicura libertà di culto ed anche l’obbligo, per le istituzioni, di rimozione di ogni elemento di discriminazione, razziale, religioso, politico.

Dal 2008, una pratica, che riguarda il soddisfacimento di un bisogno essenziale di migliaia di persone e che poteva essere risolta in pochi mesi, è stata lasciata dormire tra le scartoffie degli uffici competenti da politici dichiaratamente xenofobi e da altri, in maggioranza, preoccupati del sentire di troppi elettori. Per essi, ufficialmente, il Centro di Cultura Islamico non può essere realizzato per due ragioni:

  1. – Potrebbe diventare un focolaio terroristico;
  2. – Il locale che hanno comperato è industriale, ubicato in una zona industriale. Non ha ne potrà avere mai i requisiti ottimali per diventare un luogo di culto e di incontro.

 

Le due obiezioni sono ridicole per numerose ragioni. E i politici contrari le conoscono bene.

  • Le brigate rosse (o chi per loro) non hanno avuto bisogno di un centro di Cultura alla luce del sole per insanguinare l’Italia. Né mai ne ha chiesti Al-Qaeda il quale non è l’Islam.
  • La religione coranica è un arcipelago infinito e la stragrande maggioranza degli immigrati è qui per lavorare e mantenere famiglie in loco e nei paesi d’origine.
  • In tutti i paesi europei esistono Moschee e centri di cultura islamica e non è li che fiorisce il terrorismo.
    In Italia esistono 5 moschee e oltre 800 centri di cultura islamica. In Emilia Romagna ne sono stati organizzati 112, il più vicino è a Cesena. Non risulta che da li vengono problemi. Senza contare sul fatto che lo stato ha servizi segreti, polizia ed esercito.
  • La seconda ragione è un insulto all’intelligenza per chi sa che in Italia esistono due leggi, che noi avventisti, ma anche altri gruppi religiosi abbiamo spesso utilizzato. La numero 865 del 22.10.1971 e la numero 10 del 28.01.1977 le quali equiparano le chiese ai servizi secondari essenziali. Non nasce quartiere senza un terreno messo a disposizione del culto che in genere è cattolico.
  • I comuni devono prevedere spazi per locali di culto da cedersi gratuitamente o a prezzo politico. Hanno cioè l’obbligo di supportare l’aggregazione religiosa laddove si manifesta.
  • Il comune di Forlì dovrebbe provvedere quindi con una sua donazione soprattutto tenendo conto dell’elevato numero di credenti che hanno bisogno di un luogo di incontro. Ma il comune non lo fa, magari perché non lo può fare. Quale che siano i motivi, è in difetto.

 

Ora qualunque gruppo religioso voglia avere un suo locale di culto non ha che due vie: o avere il terreno (ma anche un locale demaniale) oppure trasformare un edificio ad altro adibito. Poiché, non esiste un mercato dei luoghi di culto. Non esistono luoghi di culto in vendita, tranne le rarissime eccezioni di chiese cattoliche sconsacrate. Per cui, se avere un luogo di culto è un diritto, o lo fornisce il comune o si cambia destinazione d’uso ad un locale che comperano i fedeli.

La terza via semplicemente non esiste.  Ma questo i politici lo sanno assai bene. Sanno anche che la maggior parte dei luoghi di culto non cattolici sono locati in strutture in origine non destinati al culto.

Infine, per quattromila islamici, un luogo di incontro, è ovviamente un ammortizzatore sociale. Ma, in questo impasse burocratico elettorale, anticostituzionale e illegale, irrompe un’iniziativa meravigliosa.

Ne sono artefici due operatori culturali, personaggi tra di loro assai distanti poiché l’uno e credente l’altro non lo è. Il credente (che si dichiara cattolico riformato) è Pierantonio Zavatti, presidente del Circolo Acli Oscar Romero. Il non credente è Massimo Tesei, presidente dell’associazione laica “Forlì citta aperta.” Un’associazione che fa incontrare gli stranieri con un programma di pranzi sociali e di pranzi nelle famiglie. Immigrati e autoctoni si invitano a vicenda.

Pierantonio Zavatti e Massimo Tesei uniscono le forze e propongono una raccolta di firme “qualitativa” da consegnare al sindaco della città di Forlì tramite la quale chiedono che si risolva rapidamente ogni questione burocratica e si dia a questa grande comunità islamica la possibilità che essi si costruiscano il loro centro per pregare, studiare, avere un doposcuola per i loro bimbi, testimoniare la loro fede…

Ed allora firmano la petizione sacerdoti cattolici, pastori avventisti, preti ortodossi, pastori protestante. Insomma, i cristiani chiedono il rispetto della libertà religiosa per i musulmani. Inoltre, giovedì 22 marzo organizzano un pubblico dibattito nella splendida Sala Comunale di Forlì. Invitano a esprimersi dal podio tutti i capogruppo rappresentati nel Consiglio Comunale.

L’incontro ha un successo strepitoso. La sala si riempie e resta tale sino a mezzanotte. Si esprimono prima gli organizzatori, poi i politici e infine chiunque voglia prendere la parola. I politici, in verità, non ci fanno una gran bella figura. Sorprende invece in positivo il pubblico, per metà musulmano, che lascia parlare senza mai contestare, inveire, e ce ne sarebbero stati motivi. Sorprendono soprattutto gli interventi di membri dell’associazione islamica, soprattutto le donne.

I giornali locali, nei giorni successivi, paiono quasi ignorare la manifestazione. Esce invece un’intervista all’Assessore all’urbanistica che afferma: “Entro sei mesi il problema sarà risolto”. Un consigliere della Lega afferma invece che di firme ne raccoglierà migliaia per impedire che la cosa si risolva. Come se con le firme si possa cancellare un diritto costituzionale e di buon senso.

Ma, crediamo che la cosa si risolverà presto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.