La matrice della violenza sulle donne

“In casa è l’uomo che deve portare i pantaloni…
La donna ha pari dignità ma, ha un ruolo diverso…
La donna è intuitiva, l’uomo è razionale…
In una famiglia qualcuno deve esercitare il comando e la natura affida questo ingrato compito all’uomo…
Il ruolo di una donna in una coppia pastorale è determinante a patto che venga vissuto all’ombra del marito…”.
Sono alcune delle affermazioni che ho credute vere per molto tempo anche perché mi parevano corroborate dalla Parola di Dio e mi sono state insegnate nell’infanzia e nella giovinezza da figure che ammiravo e ammiro ancora. Per molto tempo, e seppure in buona fede forse, ho osservato la realtà stravolta dalla lente deformante di queste sentenze antiche e false.
Non mi rendevo conto che la violenza sulle donne è figlia di queste pseudo verità rese sacre non dall’ontologia antropologica ma dalla storia.
Una storia spesso ignobile ispirata alla natura decaduta laddove la sopravvivenza non è determinata dalla giustizia, dalla verità, dalla bontà ma, dai rapporti di forza.
Le convinzioni secolari rafforzate dall’educazione ricevuta sono il motore dell’anima che agisce nell’inconscio oltre le maschere sociali e religiose.
Se nella coppia il maschio è destinato al comando, è dotato di razionalità superiore, se ella non accettando il suo comando umilia la sua razionalità e la sua immagine, se gli fa ombra agendo in autonomia…a che altro può ricorrere l’uomo se non alla violenza per costruire la sua storia? Violenza leggera magari, appena dialettica o soltanto psicologica, talvolta economica e all’estremo fisica.
Come può l’uomo ricondurre la donna a comportamenti consoni se non utilizzando l’unico campo laddove nella maggior parte dei casi la forza maschile è superiore a quella femminile?
Come accettare che un essere creato per dipendere da me, decide di discutermi, di giudicarmi, di abbandonarmi?
Nei Western classici la forza superiore dei pugni, la velocità di estrazione della Colt coincidono con la verità e la giustizia ma, siamo nel falso assoluto. La stessa matrice fraudolenta è alla base della grande storia determinata non dalla verità e dalla giustizia ma dalla capacità predatoria, dall’organizzazione della violenza, alla base delle legioni e delle falangi.
La nobiltà dell’essere umano, soprattutto in ambito cristiano, dovrebbe essere riconosciuta in rapporto alla sua carica di giustizia, di verità, di carità, di misericordia ma, i marchesati e la baronie sono stati attribuite soprattutto per le capacità guerriere.
Se si fosse usato lo stesso metro per valutare gli esseri viventi, le baronie dovrebbero essere state attribuiti alle tigri, ai leoni, alle aquile. Non per nulla essi compaiono negli emblemi araldici delle antiche casate.
Picchiare la moglie è fatto naturale in molte culture compresa la mia originaria. Per non poco tempo, benché innamoratissimo di mia moglie e non violento per scelta, di fronte alla messa in discussione delle mie idee , sentivo istintivamente una sorta di diritto all’uso della forza. La camuffavo, ma come l’esercizio spirituale dei flagellanti. Gli stereotipi sui generi che da millenni inquinano il dna morale alimentavano la contraddizione flagrante tra una scelta corretta in principio ma in netta contraddizione con gli errati presupposti teologici e culturali.
Sono infatti falsi, totalmente falsi quei presupposti benché apparentemente paiono avere la netta approvazione di Paolo, il più grande degli apostoli.
E’ totalmente falso che l’uomo in tanto che maschio ha naturalmente l’attitudine alla razionalità, all’organizzazione, al governo. La realtà rivela invece che l’autorevolezza, la capacità intuitive e razionali, l’attitudine al governo non sono per nulla un corredo naturale connesso al sesso. I talenti sono distribuiti dalla natura, da Dio o da entrambi misteriosamente all’individuo, alla persona, indipendentemente dal sesso.
L’unica cosa legata al sesso è la maternità. Tutto il resto compresa la dolcezza e la capacità d’amare sono distribuiti senza alcuna prevalenza di genere.
E’ altresì falso che in una famiglia o nella società ci deve essere qualcuno che deve comandare perché in un gruppo umano associato è solo un male antico che qualcuno comandi. Ogni gruppo dovrebbe diventare consapevole dei doni attribuiti alle singole persone per poi onorarsi reciprocamente, ascoltarsi, e decidere assieme la propria storia secondo scienza, coscienza e preghiera.
Le famiglie più prospere che ho conosciuto in cinquanta anni di esperienza pastorali sono solo quelle dove sono riconosciuti le attitudini naturali. Dove ognuno dona secondo le sue ricchezze e ognuno riceve secondo i bisogni. Talvolta è anche accaduto che per rispettare i presupposti falsi di una cultura della forza, uomini e donne di buon senso hanno finto più o meno consciamente di comandare o di ubbidire.
Storicamente molte famiglie sono state nella pratica orientate dalle donne e hanno funzionato a meraviglia poiché tacitamente o meno è stato praticato il riconoscimento dei doni.
Mio padre, a cui debbo molto, avrebbe dato la vita per la donna che amava a patto che avesse riconosciuto la sua naturale autorità.
Da piccolo mi dettava sempre i modi corretti per relazionarsi con la mia futura compagna. Tra gli assiomi inderogabili mi mostrava il portafoglio dicendomi: “Guai a metterlo nelle mani delle donne come fanno alcuni”!
Un giorno che fu ospite in casa mia si accorse con sgomento che il “il portafoglio” era gestito da mia moglie. E’ avvenuto in modo naturale perché mia moglie ha doti amministrative e contabili che io non ho. Avere riconosciuto questo dono mi ha concesso sin qui cinquanta anni di tranquillità economica pur con un dignitoso ma unico e modesto stipendio.
Ma è vero che i luoghi comuni sulle attitudini di genere al comando sono presente in forte misura nella Bibbia e nel pensiero di Paolo in particolare?
E’ in parte vero. Ma è la storia non Dio ad avere fatto dire a Paolo alcune delle cose che dice sulla condizione femminile. Ma, questo è materia di un altro articolo che potremmo già intitolare: Il grano e la farina nella Bibbia..