Le conseguenza del credere all’immortalità dell’anima

L’opera del Culmann

Nel 1964, Oscar Culmann, uno tra i massimi biblisti del secolo, pubblicò Immortalità e resurrezione dei morti un libricino di appena 70 pagine che dimostrava come estranea alle Rivelazione biblica la dottrina dell’immortalità dell’anima.
All’iniziale levata di scudi che non risparmiò a Culmann accuse di ateismo, gradatamente, tutti i massimi biblisti ne hanno riconosciuto la correttezza. Nomi noti come Tresmontant, Congar, Danielou, Ravasi…ma anche biblisti laici famosi come Sergio Quinzio e tra questi perfino l’ex papa Joseph Ratzinger che scrive: «Per la Chiesa antica è significativo che non esisteva alcuna affermazione dottrinale circa l’immortalità dell’anima »
Ma, incredibilmente, la rimozione di questa dottrina dalle Sacre Scritture non ha provocato alcun mutamento nella prassi cattolica quasi che essa fosse un trascurabile orpello. La Parola tanta decantata nella liturgia parrebbe cosa trascurabile nella prassi esistenziale. Un famosissimo biblista lo spiega così:

“Il ragionamento di Culmann non fa una grinza; la Bibbia afferma quello che dice lui” ma poi aggiunge:

“Dio ha scelto il linguaggio della resurrezione… perché quello era il linguaggio che per la mentalità empirica e poco speculativa del popolo ebraico si prestava meglio a parlare della vita futura…Poi Dio ci rimanda alla ricerca filosofica… …”.
Così ragionando le conseguenze sono gravissime sia sul piano della legittimità teologica delle credenze cattoliche che delle nefaste ricadute esistenziali.

Sul piano teologico abbiamo:
1 – La legittimazione involontaria di un certo razzismo culturale

Il popolo ebraico, l’unico popolo dell’antichità che esiste ancora ai giorni nostri sarebbe stato l’unico popolo incapace di comprendere una visione della natura umana che nei suoi elementi di base risultava facile a tutti i popoli della terra.

2 – Attacco al concetto di Rivelazione
Il ragionamento di Mondin, che è poi quello ufficiale, visto che la dottrina in questione, viene insegnata come quando la si credeva biblica, toglie al cristianesimo il carattere unico di popolo nato dalla rivelazione e lo colloca ufficialmente nel paganesimo. Nessuna grande religione pagana afferma che Dio ha parlato o che Dio è la Parola! Le grandi figure pagane hanno raccontato quello che attraverso la loro ricerca hanno compreso di Dio.
Il cristianesimo esce dalla rivelazione storica per accedere alla riflessione filosofica. Non è Dio che rivela ma l’uomo che capisce.

Quindi, ciò che dalla tradizione pagana era tracimato nella rivelazione trova una rinnovata legittimazione.

3 – Via libera alla mortificazione della corporeità
Lo spirito che biblicamente è espressione inscindibile della personalità umana diviene scindibile, puro ed eterno…Mentre il corpo è scindibile, impuro, temporaneo, mortale, addirittura gabbia dello spirito e dell’anima. Non è estranea a questa visione tutto lo spiritualismo storico che ha prodotto la sessuofobia e che ha innalzato il celibato a condizione superiore al matrimonio rendendolo obbligatorio per i servi del Signore.
La conseguente ricerca dell’umiliazione della corporeità attraverso pratiche pagane quali la flagellazione, esagerate pratiche ascetiche, ricerca innaturale della sofferenza corporea, la sessualità relegata a mera necessità riproduttiva. È un fatto certo il cilicio di Paolo VI, un corpetto con punte metalliche che indossava sotto la tonaca a continuazione di una lunga tradizione di mortificazione del corpo.

4 – la divinizzazione di Maria
La naturale immortalità dell’anima è anche alla base della collocazione di Maria prima e del suo culto poi che spesso oscura nella pratica perfino la figura di Cristo.
Nel NT la figura di Maria la ritroviamo solamente nei Vangeli, nella condizione incredula e sbigottita degli apostoli di Cristo e in un unico e ultimo accenno all’inizio degli Atti (il prolungamento del vangelo di Luca) come gli altri in preghiera. (atti 1:14). Poi il silenzio totale.

Causa la credenza nella naturale immortalità, la speculazione sulla ubicazione celeste di Maria ne fa un personaggio che cresce nel tempo in modo esponenziale sino ad oscurare la stessa figura di Cristo.

Ne è testimone un immenso arcipelago di luoghi di culto a lei dedicati. Chiesette di campagna, basiliche, cattedrali. Le definizioni altisonanti si sprecheranno. Arriveranno a scrivere di lei:
<È quasi impossibile andare a Gesù se non ci si va per mezzo di Maria>. (San Giovanni Bosco) . (San Josemaría Escrivá de Balaguer); .( San Paolo VI ). (Sant’Agostino di Ippona). ( Michel Hubaut) (Sant’Anselmo d’Aosta) .DonTonino Bello . Santa Faustina Kowalska
Maria, il giorno della resurrezione riderà di questa divinizzazione non cercata e né voluta la cui prima causa è certamente la naturale immortalità della sua anima.

5 – Il culto dei santi
La stessa dottrina estesa ai santi produrrà la pletora di patroni tipica del paganesimo greco romano e un culto agli umani espressamente vietato nei primi tre comandamenti del decalogo che la chiesa per coerenza con la sua prassi sarà costretta a stravolgere nella forma e nella sostanza.

6- Uno spiraglio aperto per imbonitoti e ciarlatani che speculano sulla disperazione
La visione dell’anima che vive, vede, ascolta…Oltre che avere caratteri ridicoli è anche un materiale in mano ai superstiziosi, agli spiritisti, agli imbonitori…A coloro che sono capaci di speculare sul vuoto incolmabile che lasciano nel cuore le morti impreviste. È difficile, se si crede alla naturale immortalità, non cedere alla tentazione di mettersi in contatto con figli, innamorati, amici intimi che improvvisamente muoiono. È difficile non cercare, evocare, implorare, adottare in qualche forma prassi spiritiche.

7 – Lo stravolgimento del volto di Dio attraverso il tragicomico teorema dell’Inferno, Paradiso, Purgatorio.
Nel momento in cui è stata adottata questa visione pagana della natura umana non ci si è potuto sottrarre a immaginarne la collocazione dopo la morte. Si è stati costretti logicamente ad adottare i tre luoghi di prima accoglienza accettando un’immagine mostruosa del volto morale di Dio che da amore e giustizia assume i caratteri dell’eterno odio e dell’eterna ingiustizia. La vita da dono di libertà si trasforma in imposizione eterna.

Nessun giudice sano di mente comminerebbe una pena infinita per una corta vita sbagliata. Nessun padre pur malvagio condannerebbe il figlio peggiore ad una tortura eterna.
Com’è possibile che una società cristiana che aborrisce la tortura temporanea e l’ergastolo, accetti l’eterno tortura di Dio?
La teologia ha mutato sovente, cercando di alleggerirla, la definizione di Inferno e la sua significanza per le anime che dovrebbero viverlo. Si è passati dal fuoco concreto medievale e dal suo apparentamento con le torture abituale nelle segrete dei castelli alla semplice assenza di Dio. Cosa diversa dalle pinze roventi ficcate nella carne ma, infine, un’esistenza di assoluta solitudine senza neppure la via liberatrice del suicidio.

Insomma, la dottrina greca dell’immortalità naturale dell’anima travolge ogni giorno la rivelazione cristiana così tanto da aver convinto Sergio Quinzio, un grande cattolico, a pubblicare prima dell’immatura sua scomparsa, un libricino in dimensioni simili a quelle di Culmann nel quale sostiene e dimostra che il cristianesimo storico ha due caratteri anticristici che lo contraddistinguono: il potere temporale dei papi e la dottrina dell’immortalità dell’anima .