Amarsi? Almeno ascoltarsi

 

Amarsi: almeno ascoltarsi

Quando ero bambino credevo che essere avventisti significava pensare tutti allo stesso modo.
Quando sentivo dei fratelli discutere mi sconcertava. Diventato adulto ho capito che non solo è impossibile ad un gruppo umano pensare all’unisono ma che, in fondo, la diversità di pensiero è creazione divina, è ricchezza e che solo la diversità di pensiero ed il confronto cui obbliga consente di veramente crescere.
L’uniformità appartiene al mondo animale dotato di istinto non a quello degli uomini dotati di ragione.
L’uniformità non esiste nella natura umana; è una creazione artificiosa tipica degli organismi autoritari ed è falsa poiché nessun regime può imporre alla coscienza il pensiero per legge e, o, con il terrore.
Sotto i regimi autoritari la gente finge di pensare allo stesso modo ma in realtà ognuno ha suo pensiero e la diversità è un fiume carsico che viene regolarmente alla luce non appena le dittature sono abbattute.
Il cristianesimo medievale apostata pretendeva il pensiero unico. Fu uno dei caratteri dell’apostasia ed è strano che diversi avventisti vorrebbero nella chiesa ciò per cui il cristianesimo ha apostato, ciò per cui ogni dittatura si macchia di orrori indicibili.

Unità e pensiero unico sono delle cose radicalmente diverse. Una comunità religiosa non può prosperare e neppure esistere senza unità. Ma l’unità evangelica ha a che fare con i valori, i fini, con i motivi fondanti, della lealtà, il rispetto delle norme statutarie se li si giudicano sostanzialmente in accordo con le Scritture , della speranza, di un’attitudine di fraternità, di generosità
Quando Paolo fa appello ad un medesimo sentire, lui così diverso da tutti, si appella all’unità ispirata dall’amore non all’uniformità.
Se si leggono con attenzione i libri del NT non si può non vedere quanta diversità li caratterizza anche se sono unanimi nei fini, nei valori, nella speranza…
I quattro vangeli ad esempio: sono quattro racconti notevolmente diversi tra loro. Ogni autore racconta le cose come lui le ricordava, sottolineando ciò che la sua singolare sensibilità gli faceva ricordare. Esistono episodi che un evangelista ricorda e li tramanda perché lo ritiene necessario mentre l’altro pare ignorarli.
Gesù ha lavato i piedi a tutti ma soltanto Giovanni spende uno spazio adeguato alla lavanda dei piedi e alla sua perpetuazione. Solo Giovanni racconta la resurrezione di Lazzaro che tutti certamente ben avevano conosciuto.
L’epistola di Giacomo e quella ai Romani nessun comitato attuale li avrebbe entrambe incluse nel NT. A prima vista non paiono due autori ispirati dallo stesso Dio. Ma Il Signore ha permesso che entrambe fossero nel canone poiché i loro autori leggono la vita cristiana partendo da angolature totalmente diverse ma necessarie ad una spiritualità matura, quindi complessa, ad una spiritualità che pone delle verità in tensione.
Se uno legge i proverbi (intrisi di ottimismo…) e poi legge l’Ecclesiaste che pare scritto da Leopardi non pare di avere di fronte la stessa divinità. Eppure il Signore ha voluto che entrambe queste letture della vita fossero nel canone. Diverse e complementari.

Tra i sentimenti indispensabili all’unità c’è certamente l’amore che i fratelli dovrebbero coltivare e manifestare gli uni gli altri. Ora amare significa tante cose e certamente include almeno l’ascoltarsi per capirsi.
Non di rado però non ci si ascolta con attenzione e conseguentemente si giudica il pensiero altrui malintendendolo, attribuendogli conclusioni diverse a quelle alle quali è giunto e che talvolta sono assai più vicine alle nostre di quanto pensiamo di aver capito. O comunque, sono convinzioni al servizio degli stessi valori, della stessa speranza, della stessa prosperità comunitaria.
Mi soffermo su due esempi: la Creazione, la Sostituzione vicaria.
La Creazione
L’ultima Conferenza Generale ha voluto ribadire la convinzione maggioritaria della chiesa sulla letteralità del racconto genesiaco; sulla sua storicità.
Da decenni nella chiesa esiste però una visione di maggioranza che crede nella letteralità dei primi tre capitoli della genesi e una minoranza che crede invece che quel racconto sia una sintesi teologica per immagini del grande fatto della creazione. Una sorta di grande parabola che esprime in poche righe l’immenso mistero dell’origine dell’uomo, del peccato, della redenzione.
Un grande autore ha scritto che la Genesi fu scritta soprattutto per formare piuttosto che per informare.
Questa visione di minoranza, essendo una comprensione intellettuale, un fatto di coscienza, non può essere equiparato ad un regolamento comportamentale, ad un atto amministrativo a cui ogni avventista non può che adeguarsi. Un voto di maggioranza esprime ciò che la maggioranza crede e non è in grado – se non nelle dittature – di spazzare via pensieri diversi.
Presumibilmente, ciò che la minoranza crede resterà invariato. Potrà mutare soltanto con un confronto intellettuale convincente.
Ricordo a Collonges quaranta anni fa un confronto pubblico nel merito tra due ottimi professori. Rimasero due eccellenti professori con visioni diverse anche perché entrambi erano decisamente creazionisti ed entrambi credevano nella ispirazione divina di quel testo.
Per taluni chi non crede nella letteralità del racconto genesiaco non crede nell’ispirazione biblica ed è evoluzionista. Ma ciò è falso. Tutti i fratelli che io conosco e che hanno la visione di minoranza sono appassionati creazionisti e credono che i primi capitoli della genesi sono ispirati da Dio.
Anzi, un mio vecchio professore soleva dire che la parabola offre maggiore spazio al suo autore per esprimere il pensiero di Dio di quanto non ne può esprimere una storia vera. Poiché la parabola può essere costruita esattamente in funzione della verità che si vuole rivelare. Ogni tassello può essere completamente al servizio del dato che si vuole comunicare.
Ora le verità che i primi capitoli della genesi vogliono rivelare sono assai evidenti:
– La creazione per amore da parte di Dio
– La falsità dei miti astrali
– La falsità dell’evoluzionismo
– La falsità dei miti cosmogonici che eternizzavano la materia e facevano dipendere la creazione dalla violenza degli Dei;
– La settimana come divisione temporale
– Il Sabato come memoriale dell’atto d’amore creativo
– Il peccato originario
– La redenzione…
Ora certamente chi crede nella letteralità del racconto può legittimamente testimoniare, difendere questa sua visione ma mai dimenticando che non ha bisogno di difendere l’ispirazione, la creazione, il sabato con chi crede nella parabola teologica…Che anzi queste verità sublima vedendole come le finalità evidenti del racconto stesso.
Così come chi non dubita dell’amore di Dio leggendo come parabola il racconto del figliuol prodigo – poiché la parabola è strumento di comunicazione divina tanto nobile come una storia vera – esistono sinceri avventisti che rifiutano l’evoluzionismo e sono sinceri creazionisti pur leggendo il racconto genesiaco come parabola.
E’ certo lecito discutere con la minoranza delle proprie convinzioni ma senza giudizi sommari e accuse errate ma nella consapevolezza che adoriamo lo stesso Dio creatore che ha ispirato i racconti biblici delle storie come delle parabole.

La Sostituzione vicaria.

L’avventismo ufficiale in tutti i documenti che ha prodotto sul tema della salvezza ha sempre sostenuto la dottrina della Sostituzione Vicaria. La nostra salvezza è resa possibile dal sacrificio di Cristo morto al posto nostro pagando il “costo” dei nostri peccati. Se Cristo non fosse morto al posto nostro noi moriremmo eternamente.
Questa visione viene riproposta in quasi tutti i lezionari della Scuola del Sabato. Questa è la visione presente nei documenti ufficiali, nei 28 punti di dottrina. Ma esiste nella chiesa da sempre una visione di minoranza che non ha questa convinzione.

Uno dei predicatori più cristocentrici e ardenti che io abbia mai ascoltato, uno dei professori migliori che io abbia mai avuto non aveva questa visione. Eppure non solo gli è stato permesso di insegnare per numerosi anni a Collonges ma ha avuto anche incarichi istituzionali di primo piano. E’ stato per numerosi anni Segretario della Divisione nonostante si sapesse in modo netto – non l’ha mai nascosto – che la sua posizione sul sacrificio di Cristo non rifletteva il pensiero della maggioranza.
Perché? Perché era un sincero avventista e perché le convinzioni profonde non si possono decidere a maggioranza. Perché la sua aderenza e obbedienza alla normativa della chiesa è sempre stata impeccabile. Altra cosa è unirsi a livello comportamentale e attenersi ai regolamenti della chiesa – senza unione normativa si contribuisce soltanto allo sfascio – altra cosa è la visione intima di una dottrina.

L’errore grave che però è abituale a chi non ama, ascoltando e cercando di capire, è il pensare che chi ha questa visione sminuisca il ruolo di Cristo nella salvezza o che lasci spazio al ruolo delle opere.

Chiesi un giorno a George Steveny, l’insegnante in questione, dopo un’eccellente lezione sulla profezia predittiva, del perché non scrivesse un libro sull’Apocalisse. Mi rispose:

“Non ne ho il tempo… Ma il giorno che l’avrò non è da lì che comincerò a scrivere… Scriverò un libro sul Cristo…” Ed è ciò che fece non appena andò in pensione.
Chi non crede nella Sostituzione Vicaria crede però nell’opera necessaria del Cristo per la nostra salvezza, crede nella necessità dell’Incarnazione, nella sua morte come sacrificio inevitabile… Crede che la morte di Gesù è avvenuta a causa della malvagità umana ma non certo perché fosse necessaria a Dio. E’ stato il rifiuto del Messia vero a provocarne la morte non il volere di Dio. Anche chi non crede nella Sostituzione Vicaria crede che Gesù è morto per noi ma attribuisce a quella morte cause e significati diversi.

Anche qui come nell’argomento precedente è necessario ascoltare, valutare, rendersi conto che quando si tratta di coscienza, di pensiero è necessario accogliere la diversità, come d’altronde la chiesa ufficiale l’ha accolta nel caso di George Steveny: grande pastore, grande evangelista, grande dirigente che proprio perché grande non poteva pensare una cosa solo perché lo pensava la maggioranza.

isis-soldier-posing-in-front-of-people-digging-their-own-gravesFa il gioco di Satana non chi ha una visione di minoranza ,ma chi condanna la conversione altrui sulla base di una diversità di credenza.

Satana ha trionfato per secoli convincendo gli uomini alla creazione di chiese dal pensiero unico. Trionfa oggi nel mondo islamico dove individui danno la vita per distruggere la diversità.

Credo che in questa riflessione non sia male ricordare anche che certamente l’importanza delle convinzioni dottrinali è grande ma che non sarà ciò che si è creduto al centro dell’ultimo dibattito. Quello spazio centrale riguardo la nostra salvezza sarà invece occupato dalla carità. E’ Gesù che afferma:
“Or quando il Figliuol dell’uomo sarà venuto nella sua gloria, avendo seco tutti gli angeli, allora sederà sul trono della sua gloria.
E tutte le genti saranno radunate dinanzi a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri; e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.
“Allora il Re dirà a quelli della sua destra: Venite, voi, i benedetti del Padre mio; eredate il regno che v’è stato preparato sin dalla fondazione del mondo.
Perché ebbi fame, e mi deste da mangiare; ebbi sete, e mi deste da bere; fui forestiere e m’accoglieste;
fui ignudo, e mi rivestiste; fui infermo, e mi visitaste; fui in prigione, e veniste a trovarmi.
Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai t’abbiam veduto aver fame e t’abbiam dato da mangiare? o aver sete e t’abbiam dato da bere?
Quando mai t’abbiam veduto forestiere e t’abbiamo accolto? o ignudo e t’abbiam rivestito?
Quando mai t’abbiam veduto infermo o in prigione e siam venuti a trovarti?
E il Re, rispondendo, dirà loro: In verità vi dico che in quanto l’avete fatto ad uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me.” (Matteo 25:31-40)

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