Il Giubileo biblico e quello di Papa francesco

LA DISTORSIONE DEL GIUBILEO NELLA STORIA DELLA CHIESA

L’anno giubilare, o anno Santo, istituito il 22 Febbraio del 1300 da Bonifacio VIII, non è una distorsione del Giubileo biblico ma una creazione originale o una invenzione , a seconda della valutazione spirituale che se ne da.

shofar-murajerusPer convincersene è sufficiente leggere i testi biblici e confrontarli con il documento fondamentale dell’istituzione dell’anno Santo redatta da Bonifacio VIII.. Il compito è agevole, poiché i testi biblici in questione sono relativamente pochi, e il documento Vaticano originale e assai conciso.

LE AFFERMAZIONI BIBLICHE

La parola “giubileo” compare esplicitamente 22 volte in tutta la Sacra Scrittura, una volta nel libro dei Numeri e tutte le altre 21 volte nel libro del Levitico, che è possibile definire il libro giubilare.

I testi del Levitico:
Levitico 25:10 Santificherete il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e ognuno di voi tornerà nella sua famiglia.

11 Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non seminerete e non raccoglierete quello che i campi produrranno da sé, e non vendemmierete le vigne incolte.
12 Poiché è il giubileo; esso vi sarà sacro; mangerete quel che i campi hanno prodotto in precedenza.
In questo anno del giubileo ciascuno tornerà in possesso del suo.
15 Quando comprerai del terreno dal tuo prossimo, stabilirai il prezzo in base agli anni passati dall’ultimo giubileo, ed egli venderà a te in ragione degli anni in cui si potrà avere raccolto.
28 Ma se non trova da sé la somma sufficiente a rimborsarlo, ciò che ha venduto rimarrà in mano del compratore fino all’anno del giubileo, e al giubileo ne riavrà il possesso.
30 Ma se quella casa, posta in una città fortificata, non è riscattata prima del compimento di un anno intero, rimarrà per sempre proprietà del compratore e dei suoi discendenti; non sarà più restituita al giubileo.
31 Però le case dei villaggi non attorniati da mura saranno considerate come parte dei fondi di terreno; potranno essere riscattate, e restituite al giubileo.

33 E se anche uno dei Leviti non avrà riscattato la casa venduta nella sua città, essa sarà restituita al giubileo, perché le case delle città dei Leviti sono loro proprietà in mezzo ai figli d’Israele.
40 starà da te come un lavorante, come un avventizio. Ti servirà fino all’anno del giubileo;
50 Farà il conto, con il suo compratore, dall’anno che gli si è venduto all’anno del giubileo; e il prezzo da pagare dipenderà dal numero degli anni, valutando le sue giornate come quelle di un lavorante.
51 Se vi sono ancora molti anni per arrivare al giubileo, pagherà il suo riscatto tenendo conto di questi anni e del prezzo per il quale fu comprato;
52 se rimangono pochi anni per arrivare al giubileo, farà il conto con il suo compratore e pagherà il prezzo del suo riscatto in ragione di quegli anni.
54 E se non è riscattato in nessuno di quei modi, se ne andrà libero l’anno del giubileo: egli, con i suoi figli.
Levitico 27:17 Se consacra la sua terra dall’anno del giubileo, il prezzo resterà fissato secondo la tua stima;
18 ma se la consacra dopo il giubileo, il sacerdote ne valuterà il prezzo in ragione del numero degli anni che rimangono fino al giubileo successivo e si farà una detrazione dalla tua stima.
21 quel pezzo di terra, quando rimarrà franco al giubileo, sarà consacrato al SIGNORE come una terra consacrata e diventerà proprietà del sacerdote.
23 il sacerdote ne valuterà il prezzo secondo la stima fino all’anno del giubileo; quel tale pagherà il giorno stesso il prezzo fissato come cosa consacrata al SIGNORE.
24 L’anno del giubileo la terra tornerà alla persona da cui fu comprata e del cui patrimonio faceva parte.
Ed ecco il testo dei Numeri:
Numeri 36:4 E quando verrà il giubileo per i figli d’Israele, la loro eredità sarà aggiunta a quella della tribù nella quale saranno entrate e l’eredità loro sarà detratta dall’eredità della tribù dei nostri padri».:

IL DOCUMENTO VATICANO ORIGINARIO

Bonifacio vescovo, servo dei servi di Dio. Per certezza dei presenti e per memoria dei futuri.
Dice una narrazione degli antichi degna di fede che a chi accede all’onorabile basilica del principe degli apostoli nell’Urbe sono state concesse grandi remissioni e indulgenze dei peccati. Noi dunque, che per dovere del nostro ufficio desideriamo e procuriamo al meglio la salvezza dei singoli, considerando ratificate e accettate nell’insieme e singolarmente tali remissioni e indulgenze, quelle stesse confermiamo per l’autorità apostolica, e approviamo, e anche rinnoviamo e tuteliamo con il patrocinio del presente scritto.
() Affinché i beatissimi apostoli Pietro e Paolo siano onorati tanto più ampiamente quanto più devotamente i fedeli avranno frequentato le loro basiliche nell’Urbe, e gli stessi fedeli si siano sentiti maggiormente ristorati dall’elargizione di beni spirituali derivante da quella frequentazione, noi, confidando nella misericordia di Dio onnipotente e nei meriti e nell’autorità di quegli stessi suoi apostoli, con il consiglio dei nostri fratelli e la pienezza del potere apostolico, a tutti coloro che, pentiti e confessati, si recheranno con riverenza in quelle basiliche nel presente, appena iniziato mille trecentesimo anno trascorso dalla festa della natività del Signore nostro Gesù Cristo, e in qualunque altro futuro anno centesimo, ovvero a coloro che veramente si pentiranno e confesseranno in questo anno e in qualunque altro futuro anno centesimo, concediamo per tutti i loro peccati il perdono, non solo pieno e più largo, anzi quello pienissimo.

() Decretiamo che coloro che vorranno essere partecipi di questa indulgenza concessa da noi si rechino a quelle basiliche almeno per trenta giorni consecutivi, ovvero non consecutivi, e almeno una volta al giorno se saranno romani; se invece saranno pellegrini o forestieri per quindici giorni con le stesse modalità. Tuttavia, meriterà di più e conseguirà più efficacemente l’indulgenza chiunque frequenterà quelle basiliche di più e più devotamente.

() Pertanto, assolutamente a nessun uomo sia lecito infrangere questa pagina della nostra confermazione, approvazione, concessione e costituzione, e neppure con temeraria audacia opporsi ad essa. Se poi qualcuno pretendesse di attentare ad essa, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente e dei suoi apostoli, i beati Pietro e Paolo.
Dato a Roma, in San Pietro, il 22 febbraio, nel sesto anno del nostro pontificato. (1)

Raramente accade che due documenti siano così estranei l’uno all’altro sia sul piano della forma, che delle finalità e della sostanza.

Sul piano della forma il giubileo Biblico voleva essere un evento cinquantennale, nella storia della chiesa si è iniziato con un evento centennale, che è poi divenuto cinquantennale, venticinquennale, in certi periodi non è stato celebrato affatto, altre volte lo si è proclamato a distanza di dieci anni. Ecco gli anni dichiarati santi e sino ad ora celebrati:

1300: Bonifacio VIII
1350: Clemente VI
1390: Bonifacio IX
1400: Bonifacio IX
1423: Martino V
1450: Niccolò V
1475: Sisto IV
1500: Alessandro VI
1525: Clemente VII
1550: Giulio III
1575: Gregorio XIII
1600: Clemente VIII
1625: Urbano VIII
1650: Innocenzo X
1675: Clemente X
1700: Innocenzo XII e Clemente XI
1725: Benedetto XIH
1750: Benedetto XIV
1775: Clemente XIV e Pio VI
1825: Leone XII
1850: Pio IX
1875: Pio IX
1900: Leone XIII
1925: Pio XI
1950 Pio XII
1975: Paolo VI (2)

Ma le reciproche estraneità riguardano soprattutto i contenuti.

Il primo documento, quello biblico ha come perno Levitico 25:23:

“Le terre non si venderanno per sempre, perché la terra è mia e voi sarete presso di me come stranieri e avventizi”.

Esprime una visione dell’organizzazione sociale senza padroni e senza schiavi; vede nella terra la proprietà di Dio, cioè, infine dell’intera umanità che può goderne senza accaparrarsi le possibilità degli altri.
Un comunismo ante litteram però, fondato sul libero riconoscimento del Dio creatore e Signore, che coniuga giustizia sociale e libertà,. che rinnega il latifondismo ma non la piccola proprietà rurale. Che vieta il possesso perenne dell’uomo sull’uomo e della terra in cui siamo stati posti dal suo unico creatore e Signore.

Una visione ingenua? Piuttosto un principio inteso ad evitare la deificazione dell’uomo, a bollare di sacrilegio la furbizia e il potere. Un modello diverso, demitizzante, le pretese dei potenti, prima di tutto il Faraone, dio, proprietario della terra e dei corpi.

Giovanni Leonardi, in una accurata sintesi esegetico-teologica , così commenta il giubileo Levitico:

“Il giubileo biblico è descritto nell’Antico Testamento (Levitico 25) come l’anno conclusivo di un ciclo di 50 anni. Esso costituiva il momento della riconquista della libertà, per la terra e per le persone.
La legge del giubileo stabilisce due tipi di relazione che passano attraverso la gestione della terra e della vita. La prima è quella con Dio di cui bisogna rispettare la signoria sulla terra e sulle persone. La seconda è quella con il prossimo: poiché la terra e le persone non ci appartengono non possiamo né venderli né acquistarli. Teologia ed etica vi sono quindi strettamente unite e non possono essere divise.
Sul piano etico e sociale questa legge impedisce che qualcuno conquisti una posizione predominante a scapito dei più poveri, privandoli della terra e della libertà. Forse non è un caso che la libertà della terra e delle persone siano inquadrate nell’ambito di un’unica legge, quasi a dire che non esiste veramente libertà senza i mezzi per vivere dignitosamente. Per raggiungere i suoi obiettivi, la legge vieta l’accumulo di proprietà terriere approfittando delle disgrazie dei più poveri, e la riduzione in schiavitù degli stessi. Come proprietà di Dio data in usufrutto agli uomini, nessuno può cedere definitivamente la terra ad altri. In caso di bisogno può essere ceduta in uso ad altri solo per un tempo limitato, in attesa di poterla riscattare o, comunque, all’arrivo dell’anno del giubileo. Gli stessi israeliti che avevano dovuto concedere il loro servizio a qualcuno diventandone servi, per pagare un debito, riacquistavano in quell’anno la loro libertà.” (3)

L’assoluta estraneità , soprattutto di contenuti, dell’Anno Santo al Giubileo levitico, può essere facilmente colta, consultanto una semplice enciclopedia laica come quella della De Agostini:
“giubileo, sm.(sec.XIV; lat. Tardo jubilaeum, che risale all’ebr. jobél, propr. capro, con rif. al corno di capro che annunziava la solennità ebraica].
Indulgenza plenaria solenne accordata dal papa ai fedeli a determinate condizioni e in particolari ricorrenze. Per estens., commemorazione solenne del cinquantesimo anno di sacerdozio e simili.
Presso gli Ebrei, la legge biblica (Levitico, cap. 25) disponeva che ogni cinquant’anni si celebrasse un anno di g. con l’astensione dal lavoro agricolo, l’affrancamento degli schiavi, la remissione dei debiti e la ridistribuzione della terra. Nella Chiesa cattolica, il g. è una grazia straordinaria d’indulgenza per la remissione dei peccati e delle pene dovute per le trasgressioni commesse, concessa dal Santo Padre in particolari occasioni a chi visita qualche luogo sacro ben determinato, in spirito di penitenza, di conversione, di pietà e di carità” (4)
Ma la stessa radicale diversità tra i due giubilei è possibile cogliere nella sintesi esegetico teologica storica che ne fa una nota opera cattolica:

“GIUBILEO. Questa parola deriva dal latino jubilum (« allegria »), che i copisti hanno erroneamente sostituito alla traslitterazione di san Gerolarno dell’ebraico yobél. Mentre i LXX e la V.L. traducono il termine yobel con « riposo » o « rilassamento » (dalla radice ybl, « portare indietro ») i moderni filologi lo ricollegano con una parola fenicia, equivalente ad « ariete » o « montone », nel senso dei suono del corno di un montone, con il quale è proclamato l’anno dello yobel. Il giubileo è l’anno che segue sette cicli sabbatici e probabilmente coincide con il settimo anno sabbatico ..Esso stesso comporta lo stesso « riposo della terra » dell’anno sabbatico… Ma l’essenziale dell’anno giubilare è « il ritorno di ogni uomo nella sua famiglia». Questo festoso pellegrinaggio viene descritto posteriormente nel Levitico, nel senso che ogni individuo durante l’anno giubilare poteva riacquistare il titolo di qualsiasi proprietà rurale che potesse aver venduto nel frattempo. Però in Lev 25,23-28, esso è presentato piuttosto come un aspetto dei diritto generale di gé’ullah o redenzione della terra che ciascun venditore aveva, appena guadagnava denaro sufficiente per restituire il prezzo di compera. E questa regolamentazione è nuovamente vincolata a un sentimento umanitario di soccorso al bisognoso, grazie soprattutto alla proibizione dell’usura .(5)

Se il documento biblico ha come fondamento la Signoria di Dio sulla terra e la libertà di tutti gli uomini su questa stessa terra, l’altro documento, ha come perno, le parole papali iniziali:

“una narrazione degli antichi degna di fede che a chi accede all’onorabile basilica del principe degli apostoli nell’Urbe sono state concesse grandi remissioni e indulgenze dei peccati”

La possibilità del perdono dei peccati relazionata alla visita di un luogo sacro, la basilica dedicata a Pietro, ( alla quale nel resto del documento verranno affiancate altre basiliche) .

La proclamazione fortemente autoritaria, è infatti seguita da una non propria paterna minaccia:
“ Pertanto, assolutamente a nessun uomo sia lecito infrangere questa pagina della nostra confermazione, approvazione, concessione e costituzione, e neppúre con temeraria audacia opporsi ad essa. Se poi qualcuno pretendesse di attentare ad essa, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente e dei suoi apostoli, i beati Pietro e Paolo.”

L’Anno Santo nulla ha a che vedere con la liberazione sociale cui mira il Levitico che opera per escludere la signoria dell’uomo sull’uomo e sulle cose, al contrario, il primo Anno Santo ribadisce, ricrea e perpetua una signoria spirituale dell’uomo sull’uomo ribadendo un Monopolio spirituale Universale, l’esclusiva di una mediazione retentiva determinante, che dispensa perdono, che ne fissa le condizioni e i prezzi, che sfrutta l’uomo e lo impoverisce.

La creazione dell’Anno Santo è un azione anticristica, secondo il neologismo di Sergio Quinzio, poiché in flagrante contrasto con lo Spirito cristico che scaturisce dai Vangeli, per almeno 3 ragioni, ognuna delle quali segnala un recupero di quei “valori” pagani, che avevano inquinato la fede d’Israele e che, appunto, l’incarnazione era venuta a rimuovere:

1 –Il valore delle opere meritorie in rapporto alla salvezza;
La parabola del figliuol prodigo, che è poi una visualizzazione sintetica di tutto il messaggio salvifico del Nuovo Testamento, ci mostra una paternità assolutamente materna di Dio, che accoglie il prodigo a braccia aperte, radicalmente dimentico dei suoi peccati, totalmente occupato a bearsi della novità nata nel cuore del figlio, che è poi la fiducia ritrovata: è il senso profondo della richiesta ai servi “dell’abito nuovo e dei nuovi calzari, dell’anello reale, del vitello ingrassato sacrificato ad una festa di resurrezione”. La salvezza è un dono assoluto, radicale, totale che scaturisce dall’amore e che passa attraverso l’unico canale necessario, la fiducia, quella fiducia ritrovata che ha permesso il ritorno.
Questo perdono plenario, gratuito, che Iddio è desideroso di dare, che ha alla base una sola opera necessaria e imprescindibile, l’opera di Cristo, non è periferico al Nuovo Testamento ma è il centro stesso dell’annuncio evangelico:

Cristo infatti, in Eterno “Ha un sacerdozio che non si trasmette, egli può salvare perfettamente quelli che si avvicinano a Dio, dal momento che vive sempre per intercedere per loro” ebrei 7:24-28

“Noi siamo stati santificati mediante l’offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta per sempre” ebrei 10:10

“Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia” Romani 3:24

“L’uomo non è giustificato dalle opere della legge, ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo Galati 2:16-17”

“Sapendo che non cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere tramadato dai padri, ma con il prezioso sangue di Cristo, come di agnello senza difetto né macchia” I Pietro 1:18-19

Notare la potenza dirompente di queste espressioni da noi sottolineate nel testo:

-vive sempre per intercedere
-offerta del corpo di Cristo fatta una volta per sempre
-gratuitamente
-giustificato soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo
-riscattati non con oro o argento ma dal prezioso sangue di Cristo

Quale relazione esiste tra simili espressioni, e affermazioni come quella del documento papale secondo cui:

“meriterà di più e conseguirà più efficacemente l’indulgenza chiunque frequenterà quelle basiliche di più e più devotamente”.?

Siamo ad un vero e proprio tradimento, non di un cerimoniale passato, ma di una visione della salvezza e della gratuità dell’amore, che è poi il volto rivelato di Dio.

Neppure la legge, quella promulgata da Dio, per il Nuovo Testamento, ha alcun valore in rapporto alla salvezza, poiché questa è dono assoluto. Che sgorga dal cuore del Padre verso “Chiunque crede in lui” Giovanni 3:16
Non una sola affermazione del Nuovo Testamento indica qualcosa, qualunque cosa, neppure l’amore verso i poveri, come fatto meritorio.
Qui invece, con l’Anno Santo, diventano funzionari al perdono, dei vivi e dei morti, percorsi e luoghi organizzati dagli uomini, e che minacciano chiunque ne metta in dubbio l’efficacia!
E’ il primo ma non l’ultimo additivo inquinante versato nell’otre di vino nuovo del Vangelo di Cristo.

2 –Il Concetto del Sacro
In modo assolutamente inequivocabile, in Giov. 4:21, a compimento di forti messaggi profetici, Gesù aveva preannunciato l’anti valore che da allora in poi avrebbero rappresentato i luoghi sacri e il sacro.
“L’ora è già venuta in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in ispirito e verità” Giovanni 4;21.
In Israele c’era un solo tempio, la cui costruzione fu accettata e utilizzata da Dio come fu accettata e utilizzata la Monarchia, contro voglia, per la limitatezza dell’uomo; A Davide che vuole costruirgli un Tempio Iddio dice tramite il profeta Natan:
“Dovunque sono andato in mezzo a tutto Israele, ho mai parlato a qualcuno dei giudici d’Israele ai quali avevo comandato di pascere il mio popolo, dicendogli: <Perché non mi costruite un casa di cedro>?” (I Cronache 17;6)

Dio non aveva chiesto la costruzione di un Tempio, aveva chiesto soltanto di costruirgli un Santuario di un’assoluta modestia fatto di tendaggi e di pochi oggetti simbolici.

Il Signore sapeva quale grande pericolo avrebbe rappresentato il Tempio per il suo popolo; i profeti lo ricorderanno con forza e passione. Afferma Geremia:
“Non ponete la vostra fiducia in parole false dicendo: Non è un caso che la più sontuosa versione del Tempio ebraico sia stata quella realizzata da Erode, il sanguinario, che fece morire Giovanni Battista e sbeffeggiò il Signore.

Gesù non solo annuncia la nullità di quel tempio e di ogni tempio sacro, ma afferma di essere Lui il vero tempio (Giovanni 3:13-21).

Nel Nuovo Testamento, particolarmente nelle parole di Paolo, la Chiesa , intesa come comunità di fede, è il vero tempio di Dio (I Cor.3:16).

Non può essere un caso, che in tutto il Nuovo Testamento, non una sola parola è dedicata ai luoghi di culto, neppure nelle epistole ultime come le pastorali. Tanta poca, fu l’importanza che i templi non ebbero nella spiritualità evangelica delle origini.

Ma i templi vennero, e furono costruiti soprattutto nei periodi più bui della chiesa, sul sangue dei poveri, da parte dei potenti a scopo di esibizione e di potere.
Sergio Quinzio è un autore cattolico, nella sua ultima opera, che è il suo testamento spirituale, vede nell’importanza data ai templi un tratto anticristico della cristianità storica:
“Paolo ha ripetutamente condannato l’atteggiamento dei credenti in ‘Cristo che concepivano la Chiesa come continuazione della legge e del tempio, vedendo in questo una sostanziale negazione dell’incarnazione e della croce (cfr. Gal 2, 21 e 5, 4 e 1 1). La Chiesa è storicamente gravata anche dal peso di quest’altra continuità, quella con la legge e il culto ebraici, che si è venuta mescolando con la prima. Gesù, al pozzo, aveva detto alla samaritana: « E giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità » (Gv 4, 23), e non sul monte Garizim come facevano i samaritani, e neanche nel tempio di Gerusalemme, come facevano gli ebrei (cfr. Gv 4, 21). La Chiesa delle origini celebrava infatti l’eucaristia nelle case dei credenti, e non fu senza difficoltà teologiche che si giunse poi a costruire edifici in pietra, rinnovando così, per nuovi secoli e millenni, un culto pubblico ritualmente stabilito. Ma nessun ordine sacro sarebbe dovuto ricominciare, perché avrebbe protratto indefinitamente il tempo dell’incompiutezza, dell’attesa sempre rimandata: e infatti siamo giunti fino al punto di considerare il tragico tempo mondano, per assuefazione e convenienza, come provvidenziale tempo di preparazione, é infine, anzi, come il tempo della pienezza salvifica già conseguita. L’anticristicità, si è già detto, non è qualcosa di morale, non nasce da un’intenzione eticamente riprovevole, ma consiste in tutto ciò che si oppone all’efficacia unica e definitiva della croce. (cfr. Mt 7, 1 1).
…L’iniquità-che la croce avrebbe dovuto vincere per sempre mediante l’avvento del regno di Dio è continuata ed è venuta anzi crescendo sempre di più, fino alla manifestazione finale di cui parlano le profezie. In questo l’anticristicità rivela il suo rapporto con il ritardato ritorno del Signore: qualcosa o qualcuno trattiene la piena manifestazione dell’anticristo, che è a sua volta l’immediato prodromo del definitivo intervento divino. Così l’ordine sacro, che l’imminente parusia avrebbe dovuto rendere inutile – com’è scritto nell’Apocalisse, dove non c’è più nessun tempio nella Gerusalemme discesa dal cielo (cfr. Ap 21, 22) -, è continuato per secoli e millenni, ed è venuto anzi crescendo sempre più all’interno delle sue rigide regole. Nessun culto, nella storia del mondo, ha mai avuto tanti altari, tanti luoghi sacri quanto il nostro, il quale proclama di adorare colui il quale aveva detto che era venuto il tempo di adorare non più in luoghi di culto ma « in spirito e verità ». Non è forse scritto che il sale avrebbe potuto perdere il suo sapore (cfr. Mt 5, 13)?” (6)

3 –L’insensibilità verso l’uomo e i suoi bisogni
Aveva detto Gesù ai farisei, “Guai anche a voi, dottori della legge, perché caricate la gente di pesi difficili da portare, e voi non toccate quei pesi neppure con un dito” (Luca 11:46)
In una fase della storia contrassegnata da immane povertà, abbiamo qui un perdono offerto per mezzo di un pellegrinaggio a Roma. Il pellegrinaggio 2000 sarà compiuto da folle abituate a spendere, a sperperare, a viaggiare. Mai, come oggi, l’umanità ha viaggiato tanto per il puro gusto di vedere, spesso solo esteriormente, piccole porzioni di luoghi della terra. Un qualunque membro di una famiglia della media borghesia di oggi, si sentirebbe handicappato nell’affermare di non essere mai stato in aereo e di non avere fatta almeno una vacanza in un paese esotico. Ma allora, nel trecento, la vita era dura, il pane andava strappato alla terra, al gregge…
Ma folle, fortemente credenti e credenti nel purgatorio e nell’inferno, si spostarono ad ogni Anno Santo, impoverendo le loro famiglie, rimettendoci spesso la vita, per pregare davanti ad una basilica romana!
Quale peso spaventoso fu posto sulle spalle di credenti sinceri e onesti? Quali conseguenze sulle loro famiglie? Quali pastori ebbe ogni volta il gregge di Cristo? Quel Cristo che promise la sua presenza accanto ai credenti ogni giorno (Matteo 28:20), era divenuto un Dio pagano, che poteva perdonarli solo, o comunque molto più facilmente davanti ad una basilica romana!

Una gerarchia ispirata veramente da Cristo, quanti modi avrebbe avuto per incanalare questo credere forte? A beneficio vero della spiritualità e dell’esistenza?

LA VERITA’ E L’ECUMENISMO
Non ci dispiace vivere in tempi di ecumenismo; amiamo il dialogo e odiamo la demonizzazione degli altri che avviene spesso senza conoscenza esatta delle loro stesse posizioni. Ecumenismo però, dovrebbe significare ascolto, rispetto, mai in nessun modo diluizione della verità. E allora diciamolo francamente, l’Anno Santo fu una invenzione a fini di potere e di danaro (difficile l’una cosa senza l’altra) che sfruttò deviazioni già compiute nei confronti del puro evangelo.

Quest’assurdità, poiché di assurdità si tratta, divenne possibile in un tempo in cui la curia romana aveva raggiunto i massimi livelli di degrado spirituale e di corruzione. Basta un attimino soffermarsi sul personaggio che invento l’Anno Santo, Bonifacio VIII.

Indro Montanelli non è un credente, è un laico che negli ultimi cinquanta anni non si è mai schierato né a destra né a sinistra, non è mai stato né clericale né anticlericale. E’ universalmente riconosciuto come uomo di grande probità intellettuale, capace di guardare con lucidità, volta per volta, i fatti, di sostenere chiunque e d’essere contro chiunque.
Nella sua Storia D’Italia così dipinge Bonifacio VIII:
“Era un Papa dei Rinascimento un po’ in anticipo sui tempi, un Borgia avanti lettera, cinico e gagliardo, dispotico, teatrale e terrestre. Coltivava scrupolosamente tutti i peccati. Era ingordo: un giorno di digiuno maltrattò il cuo co perché gli aveva servito solo sei pietanze. Era avido di ricchezze: si faceva trapungere le vesti di gemme, e la sua tavola era addobbata con quindici alberelli d’oro. Era superstizioso e dedito ai sortilegi: i suoi coltelli avevano per manico corna di serpente, in tasca portava una piastrella d’oro egiziana, e al dito -un anello strappato al cadavere di re Manfredi: tutti amuleti contro il malocchio. Era un giocatore arrabbiato: si era fatto fare dei dadi d’oro, ma guai all’avversario che osava batterlo. Ed era soprattutto assetato di dominio. Il giorno dell’elezione, indossò la tiara e chiese agli astanti se lo consideravano rappresentante di Dìo in terra. Avutane conferma, si mise in testa una corona, brandi una spada, e chiese se lo consideravano anche Imperatore. Dato il tipo, nessuno osò negarlo. La sua politica prese avvio da quel gesto.
“Questo Papa miscredente e blasfemo incarnava la maestà della Chiesa e non ammetteva che il suo primato terreno fosse revocato in dubbio. Essa era, secondo lui, padrona e proprietaria non solo delle anime, ma di tutto. Quindi anche i troni le appartenevano: i Re non ne erano che momentanei appaltatori. Figuriamoci se poteva tollerare dissidenze dentro gli Stati pontifici.
I Colonna, che ne tentarono una, furono scomunicati e costretti alla fuga. Bonifacio ne confiscò le terre, fece radere al suolo la loro roccaforte’ Palestrina, e ne cosparse di sale le rovine in segno di purificazione. Quando l’imperatore Alberto d’Austria gli mandò come ambasciatore un semplice frate, Bonifacio gli ruppe il naso con un calcio procurandogli una grave emorragia.

“Era romano. Veniva dall’orgogliosa e prepotente dinastia dei Conti Caetani. E di che pasta fosse, lo si vide dal modo con cui s’istallò sul Soglio. Alla morte di Niccolò IV erano seguiti due anni e mezzo d’interregno perché i Cardinali non erano riusciti a mettersi d’accordo sul successore. E come spesso capita in questi casi, si era scesi a un compromesso ricorrendo a uni figura scialba che non desse noia a nessuno: un povero fraticello abruzzese, Pietro da Morrone, vissuto sempre da anacoreta in un eremo vicino a.Sulmona.

“Quando seppe cosa gli stava capitando, Pietro cercò di sottrarvisi con la fuga. Ma lo catturarono, lo trascinarono di forza a Napoli, e lo coronarono col nome di Celestino V. Fra g l’intrighi della Curia, il sant’uomo si senti perso. La notte udiva una voce che gli rombava riel l’orecchio: “lo sono l’angelo che ti sono mandato a parlare, e comàndoti dalla parte di Dio grazioso che tu immanente debbi rinunziare al Papato e ritorna ad essere romito”.

“Quella voce non era dell’angelo, ma del Cardinale Caetani che aveva istallato nella parete una specie di rudimentale telefono. Il povero Celestino non, chiedeva di meglio che “ritornare ad essere romito”. Ma, -digiuno com’era di diritto canonico, non sapeva come compiere quel gesto di rinunzia che, non aveva precedenti nella storia della Chiesa.. A fornirgli gli argomenti per il ” gran rifiuto ” – come lo chiamò Dante – fu il Caetani, che invece di diritto canonico era maestro e nel Codice si rigirava molto meglio che nel Vangelo. Cosi, sei mesi dopo averla assunta, Celestino depose la tiara e ridiventò frate Pietro da Morrone senza mai aver messo piede a Roma. In capo a undici giorni il Caetani gli succedette col nome di Bonifacio VIII e come prima cosa mandò ad arrestare frate Pietro, tornato nel frattempo al suo eremo. Lo sventurato cercò di fuggire oltre Adriatico. Ma fu catturato e rinchiuso nel castello di Fumone, dove poco dopo mori di stenti.
“Non risulta che Bonifacio abbia avuto il minimo trasalimento di rimorso. Egli non era oberato da una coscienza che potesse procurargliene. E, quanto a una -giustizia divina cui rendere conto dei propri atti, ne negava risolutamente e apertamente l’eventualità. L’inferno e il paradiso, diceva, sono già su questa terra. Il primo è rappresentato dalla vecchiaia, dagli acciacchi e dall’impotenza; il secondo dalla gioventù, dalla salute, dalle donne e dai bei guaglioni, perché verso i due sessi era imparziale. Una volta, a un cappellano che implorava l’aiuto di Gesù, gridò inviperito: “Stolto, Stolto! Gesù fu un uomo come noi. Se non pote’ nulla per sé, cosa vuoi che possa per gli altri? “ (7)

Ed ecco che cosa lo stesso Montanelli pensa dei motivi che portarono alla invenzione dell’Anno Santo giubilare:

“IL Trecento debuttò con una grandiosa festa: il Giubileo. Essa non esisteva nel calendario della Chiesa, che fin allora non l’aveva mai celebrata. La inventò il Papa che in quel momento sedeva sul Soglio: Bonifacio VIII.
Il momento era favorevole a una prova di forza, diciamo così, organizzativa e spettacolare. Sia pure attraverso momentanee crisi ed eclissi, la Chiesa era uscita bene’dalle dure prove degli ultimi decenni. Il grande pericolo di venire asservita al potere laico era scomparso con Federico II, Bonifacio sembrava l’uomo più adatto a raccoglierne i frutti.

“Ma naturalmente non tutti erano disposti a subire simili prepotenze, e re Filippo di Francia, per esempio, vi rispose a tono proibendo al clero d’inviare a Roma le decime raccolte nei suoi Stati. Era un colpo grave per le finanze defila Chiesa perché la Francia era la loro fonte più grassa. Ma lo era anche per il prestigio dei Papato. Fu allora che Bonifacio indisse il Giubileo: un po’ per rivalersi dello smacco politico, un po’ per colmare i vuoti in cassaforte. E l’iniziativa non poteva essere più congeniale al carattere teatrale dell’uomo e alla sua vocazione di grande regista.
“Il lancio pubblicitario fu perfetto. Per mesi e mesi, dai pulpiti di tutta Europa, i predicatori bandirono il pellegrinaggio vantando i benefici che c’era da aspettarsene: la salvezza dell’anima e i diletti turistici. Allo tambureggiante richiamo, si mossero centinaia di migliaia di persone, chi a piedi, chi su carri, chi a cavallo. I più, data la lunghezza e i rischi dei viaggio, fecero prima testamento. E parecchi infatti morirono per strada, ma sicuri di volare in paradiso. Da un capo all’altro dell’anno, l’Urbe registrò un movimento di trentamila pellegrini al giorno. Andavano in colonna a prosternarsi sulle tombe degli Apostoli, dove ricevevano l’indulgenza plenaria e lasciavano cadere il loro obolo, che due diaconi armati di pala si affrettavano a rastrellare. La media giornaliera degli introiti fu di mille libbre al giorno: cifra, per quei tempi, colossale.
Dove gli ospiti alloggiassero- e dormissero, non si sa. Ma a quanto pare i romani ci fecero affari d’oro. Finalmente la città tornò a sentirsi caput mundi, la capitale del mondo, e ad assaporare il gusto delle folle poliglotte e multicolori, dell’abbondanza e della gozzoviglia. (8)

Le motivazioni della proclamazione del primo Anno Santo furono il danaro e il potere. L’operazione però riuscì poiché, la cristianità, era ormai da tempo, un immenso fatto sincretico, La Parola, non era più, secondo la definizione di Pietro, “La Parola profetica più ferma…La Lampada che brilla in luogo oscuro…”. Vecchi “valori” pagani erano ormai parte integrante del patrimonio spirituale ed organizzativo della chiesa.

La storica valdese Laura Ronchi valuta in tre le ragioni del successo dell’Antibiblico Anno Santo:

“A rendere possibile la celebrazione del 1300 concorreva infatti una serie di elementi che si erano lentamente formati e trasformati nella storia e nella pratica della cristianità occidentale e che dovevano essere formalizzati con sufficiente precisione solo tra XI e XIII secolo, radicando nella coscienza popolare la nuova funzione carismatica della chiesa, che si esprimeva nell’idea del pellegrinaggio come santificazione-, la dottrina del «tésoro dei meriti», di cui sì poteva usufruire tramite l’indulgenza; e reinvenzione di un purgatorio», dolorosa fonte di speranza, grazie a cui anime non dannate potevano aspirare a raggiungere la salvezza.” (9)
Il Pellegrinaggio
Nasce dal recupero della sacralità dei luoghi e delle reliquie; un recupero tragico se si pensa alle crociate proclamate per liberare un luogo, in patente contrasto con Giov.4:21, ma con tutta la spiritualità evangelica che sacralizza l’uomo più che i luoghi o le cose.
La terra santa per prima, poi Roma definita dallo storico cattolico Franco Cardini “Terra Santa Occidentale”.

Il secondo elemento, trova linfa in una dottrina anti evangelica che è:

Il tesoro dei meriti
Alcuni stralci dalla sintesi di Laura Ronchi:

“Cuore e motore dell’anno santo è la grande indulgenza, cioè l’indulgenza plenaria che saranno certi di ottenere tutti coloro che avranno compiuto il viaggio a Roma e che avranno messo in atto le pratiche prescritte dal pontefice. Se stupore doveva destare tra i contemporanei l’iniziativa di Bonifacio VIII esso dipendeva non dal perdono in sé, ma dalla facilità con cui era possibile ottenerlo. Giustamente, sull’esempio di Urbano Il che era stato il primo a concederlo (1095), quel beneficio così grande era stato sino ad allora legato ad un sacrificio altrettanto grande, la partenza per la crociata, che sovente equivaleva al sacrificio della vita.
Pur ignorando totalmente i molteplici passaggi che avevano contribuito alla sua formazione, nel 1300 tutti i credenti, anche quelli molto semplici, avevano certo ben chiaro a cosa servisse l’indulgenza ed erano abituati a tenere calcoli complicati, sommando le diverse indulgenze parziali connesse a devozioni in momenti e luoghi particolari, nel tentativo di abbreviare la loro personale attesa di salvezza.

ora è Dio, non più la comunità di credenti, che pretende la soddisfazione delle pene per i peccati commessi.
Una offesa recata a Dio deve essere compensata con il pagamento delle pene. Dio diviene un creditore severo: per assolvere egli pretende dall’essere umano la soddisfazione e permette poi di commutare in pene temporali le pene eterne che gli sarebbero dovute per il peccato commesso.
Ad ogni peccato commesso corrisponde dunque una colpa che merita una pena eterna e una pena temporale. La prima potrà essere cancellata, insieme alla colpa, tramite il sacramento della Confessione…-

“…la prima, classica indulgenza plenaria fu quella concessa ai crociati nel 1095, Innocenzo III nel 1207 pensò di accompagnarla con un’analoga concessione per chi, pur senza partire, avesse versato per la guerra contro i turchi una elemosina di entità pari alla spesa che avrebbe dovuto sostenere se fosse partito; indulgenza parziale fu più tardi concessa a chi contribuisse, con il proprio lavoro oppure con denaro, alla costruzione di una chiesa o di un chiostro o di altra opera per la chiesa; infine, ed è la forma oggi prevalente, l’indulgenza fu legata anche all’espletamento di devozioni particolari in determinati luoghi ed occasioni.
Ma una volta che creditore era divenuto Dio e non la comunità, chi pagava alla giustizia di Dio ciò che il peccatore esonerato avrebbe dovuto?

La risposta viene da Alessandro di Hales (1 186-1245) che, esaltando l’idea della funzione sacramentale della chiesa e fondendola con l’idea della chiesa come comunità di santi formula la dottrina del «tesoro dei meriti». Cristo, Maria e tutti i santi hanno, nella loro vita, accumulato più meriti di quanti non fossero necessari alla propria salvezza; tutti quelli in più, però, non sarebbero stati dispersi, ma messi in comune avrebbero costituito un tesoro che grazie al potere delle chiavi i papi possono amministrare, e dispensare con l’indulgenza, a beneficio di tutti gli altri fedeli che si trovino in difetto. “ (10)

Ovviamente, qui siamo all’abbandono del puro Vangelo. Dio non è più il vecchio padre che aspetta sulla soglia il ritorno del prodigo, e gli corre incontro non appena lo intravede, e lo abbraccia. e lo bacia e lo ribacia, così come lo ritrova, lacero e sporco, e lo veste degli abiti più belli, e ordina la musica della festa. Il Dio di Gesù Cristo, qui. è ridiventato un padrone tignoso senza cuore e sorriso, che, affannato tra pesi e misure, computa meriti e demeriti, e se occorre, chiede a degli esseri umani piagati dal rimorso, di lasciare a loro stessi figli, mogli, vecchi, di attraversare il mondo, per acquisire i meriti mancanti, in ginocchio davanti ad una basilica romana, per la gioia degli osti e degli affitta camere.

Il terzo elemento che ha reso possibile il “successo” del giubileo è la dottrina pagana del:

Purgatorio
Utilizziamo ancora la bella sintesi che ne fa Laura Ronchi:
“Al perdono gestito dalla chiesa potevano accedere dunque vivi e defunti. Ma che tipo di defunti, considerando che inferno e paradiso erano spazi su cui la chiesa non poteva intervenire?
Se nel cristianesimo antico e medievale la riflessione sulla sorte dei credenti dopo la morte si era concentrata essenzialmente sul luogo in cui le anime avrebbero sostato in attesa dei giudizio, tra il XII e il XIII secolo si consolida l’idea che possa esistere una terza possibilità, finalizzata alla purificazione di coloro che non erano dannati ma che non erano ancora salvati, fino a che fossero stati degni della salvezza.

“Basandosi sull’uso del termine purgatorio come sostantivo e non più come aggettivo (fuoco purgatorio, pene purgatorio, luogo purgatorio), gli studi più recenti fissano la sua nascita tra il 1170 e il 1220. Un’ idea dell’esistenza di un luogo ben definito destinato a purificare completamente le anime prima che ascendessero al cielo, benché le obiezioni sollevate fossero molte e restassero ancora indefiniti modalità, tempi e luoghi dell’azione del fuoco purgatorio, viene fatta propria dalla teologia scolastica ed entra nella dottrina della chiesa ufficialmente con la lettera che nel marzo 1254 Innocenzo IV invia ai greci chiedendo che anch’essi l’accettino.

“La conferma solenne come verità di fede avverrà però assai più tardi: dapprima nel 1439, nel corso del Concilio di Firenze e Ferrara che avrebbe dovuto sancire l’unione – che però non si realizzò – della chiesa di Roma con la chiesa d’Oriente, la quale rifiutava come estranea alla Scrittura e alla tradizione l’esistenza di un terzo luogo; poi nella ultima sessione del Concilio di Trento (3 dicembre 1563) che, in palese polemica con le chiese nate dalla Riforma, promulgava il decreto sulla validità delle indulgenze e dei purgatorio.” (11)

Il culto dei defunti, e soprattutto, l’amore verso i defunti in questa terzo luogo di pena ma anche di speranza, saranno il terzo motore che spingere intere folle a vivere l’anno santo, a comperare indulgenze e, possibilmente fare tutto ciò nella Nuova Terra Santa che è diventata la Roma di Bonifacio .

Il Giubileo del 2000 si fonda sugli stessi presupposti essenziali, infatti:
“L’indulgenza, espone il canone 911 del Codice di diritto canonico, è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale dovuta per i peccati già cancellati quanto alla colpa, remissione che l’autorità ecclesiastica accorda dal tesoro della chiesa, per i vivi a modo di assoluzione e per i defunti a modo di suffragio. Tale dottrina, rimasta, nella sostanza stabile attraverso i secoli, viene riassunta in breve da Giovanni Paolo Il nella bolla d’indizione del giubileo del 2000.” (12)

IL GIUBILEO E IL NUOVO TESTAMENTO
Non risulta da nessun documento attendibile che il Giubileo levitico sia mai stato realmente applicato. Non comprendiamo, non il perché non sia stato applicato, le ragioni ci parrebbero ovvie, ma il perché si trovi così chiaramente esposto nel Levitico nonostante non sia mai stato applicato.
Certo è che divenne un parametro ideale e simbolico. Ne parlano i profeti e ne parla il Nuovo Testamento, ma sempre in termini chiaramente simbolici. Nulla però in questi messaggi giustifica la creazione di un Anno Santo letterale, e soprattutto non un Anno Santo fatto di reliquie, di basiliche e di indulgenze più o meno plenarie.
Antonio Caracciolo in un suo articolo sintetizza molto bene gli accenni giubilari nei profeti e nel Nuovo Testamento:
“Isaia, prima di Daniele, aveva preannunciato con la terminologia della legge del giubileo l’evento messianico (Isaia 61,1-2). Gesù di Nazareth all’inizio dei suo ministero pubblico, applicando a sé medesimo l’oracolo isaiano, si annunciò a Israele come l’Unto del Signore mandato per proclamare la liberazione degli schiavi (Luca 4,16-21).
1 beni spirituali adombrati nelle provvidenze umanitarie del giubileo (e dell’anno sabbatico) ~ cioè il condono dei debiti, il recupero della terra e la liberazione degli schiavi – cominciarono a realizzarsi in una dimensione universale mediante la vita e la morte cruenta del Messia. Il perdono dei peccati è offerto a tutti gli uomini e col perdono l’emancipazione dal potere del peccato (Apocalisse 1,5).
Nella prospettiva escatologica, i beni messianici si completeranno col possesso della terra da parte dei riscattati del Signore (Daniele,7,27; Apocalisse 2 1, 1). L’opera dell’unto del Signore, che il giubileo adombrava e la profezia danielica delle settimane annunciava, coinvolge tutti i cristiani.
I. Li coinvolge oggettivamente, facendoli fruitori degli effetti salvici, cioè:
a. il condono del debito
“’Annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli, egli (Cristo) lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce” (Colossesi 2,14 – Bibbia di Gerusalemme).
b. l’ affrancamento dal peccato
“… eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quell’insegnamento che vi è stato trasmesso, e così, liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia’ (Romani 6,17-18 – ibidem).
2. l’opera retentiva dell’Unto del Signore ci coinvolge pure soggettivamente, in quanto che il Signore, che ha condonato il nostro debito (Matteo 18,23-35), vuole farci partecipi della sua magnanimità di creditore misericordioso che condona i debiti: “… rimettici i nostri debiti come noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori” (Matteo 6,12). (13)

Il Giubileo nella storia, distorsione biblica? No, creazione originale, impasto puramente umano di ingredienti antievangelici.

Affare colossale. Lo fu, e lo sarà, questo che arriva, soprattutto per la chiesa. Soltanto per la citta di Firenze, che è ben lontana da Roma, in base all’apposita legge 7.8.97 N° 270, sono stati stanziati ben 116.001.500.000 lire, destinati in gran parte a restauri di conventi e chiese. (14)

Non sono costi che hanno a che fare con il perdono dei peccati. Per purificare il proprio cuore basta mezzo metro quadrato per piegare le ginocchia, ed un cuore disposto ad accogliere il Salvatore, la “Grazia che ammaestra a vivere in questo mondo temperatamene, giustamente e piamente aspettando la beata speranza” (Tito 2:11-13) in un sobborgo di Harlem, in una giunca di Hong Hong, o a Palermo o a Canicattì. Il Signore Gesù Cristo non abita a Roma, ma dove “due o tre sono riuniti in nome suo” anche a Roma, nonostante Roma.

Note

1 –Tratto da Laura Ronchi De Michelis, Anno Santo,.giubileo romano o giubileo biblico? pag. 27-28, Claudiana editrice, Torino 1999

2 – Laura Ronchi, o.c. pag.59-60

3 – Giovanni Leonardi, L’anno di grazia del Signore, da l’utopia di Dio, pag. 41, pubblicato dalla FCEI, Roma 1999

4 – Grande Enciclopedia De Agostini alla voce Giubileo
5 – Enciclopedia della Bibbia alla voce Giubileo, Elle DI CI, Torino 1970

6 –Sergio Quinzio, Mysterium iniquitatis, pag.73-74, Adhelphi edizioni, Milano 1995
7 –Indro Montanelli, L’Italia dei secoli d’oro, pag.61-64
8 –ibidem
9 –o.c. pag.14
10 –o.c. pag 17-20
11 –o.c. pag.21-22
12 –o.c. pag.23
13 –Il grande Giubileo del Messia, in L’Utopia di Dio, o.c. pag. 66
14 –Comune aperto, Informazione del Comune di Firenze, Anno XIII, supplemento al N° 3 Marzo 1999

IL GIUBILEO DI PAPA FRANCESCO

L’anno giubilare, è stato celebrato 26 volte nella storia della chiesa, l’ultimo da Paolo VI nel 1975.

Anche se solo Dio sa ciò che c’è dietro l’ufficialità, Le finalità del Giubileo di papa Francesco non sarebbe onesto equipararle a quelle di Bonifacio VIII ma accanto a propositi condivisibili, vi sono fattori non secondari disarmonici al Vangelo.

Ciò che è evangelicamente condivisibile
1 – Sicuramente il tema scelto come motivo ispiratore
Scrive Francesco: .

2 -Certamente quanto di simbolico contiene la data di inizio.
Scrive infatti Francesco:

3 –Le finalità politiche e sociali

4 – L’afflato ecumenico inteso come comprensione, dialogo, rispetto

Ciò che va in controtendenza con l’Evangelo

E’ ciò che resta invariato nella dottrina cattolica dai tempi di Bonifacio VIII

1 –Il valore delle opere meritorie in rapporto alla salvezza;
2 –Il Concetto del Sacro
3 – La sacralità dei luoghi, delle reliquie…
4 – Il concetto di indulgenze collegato al tesoretto dei santi
5 – L’importanza della città di Roma definita dallo storico cattolico Franco Cardini “Terra Santa Occidentale”.
6 –
7 – Il ruolo dei Santi.

L

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