Donne Pastore

 

 

 

La consacrazione pastorale delle donne

Ho visto e ascoltato un sermone–studio biblico pubblicato su Fb e You tube di un pastore americano – certo Doug Bachelor – splendidamente doppiato in italiano. La tesi del sermone è il peccato grande dell’ ordinazione  pastorale femminile secondo la Bibbia.

E’ un sermone che, per usare un eufemismo, mi ha lasciato perplesso e ancor più mi hanno sconcertato alcuni commenti da parte di fan esultanti.

Intendiamoci, la tesi non è nuova; l’ho sentita sostenere da pastori che ho profondamente stimato: Zurcher, Stéveny…

Sconcertante non è la tesi ma il tempo in cui viene proposta, l’uso della Bibbia e le conseguenze apocalittiche previste, quasi che ordinare al ministero pastorale una donna equivalga ad annullare l’intero decalogo e forse la stessa esistenza di Dio.

 

Stefania tramutolaCopio e incollo da Fb il commento di un fan entusiasta che esaspera i toni, ma che ricava sostanzialmente i suoi argomenti dal sermone in questione e così valuta il voto quasi plebiscitario a favore dell’assemblea di Montesilvano 2014:

 

Nell’Eden sono stati istituiti il sabato e il matrimonio. Entrambi hanno un’interazione relazionale. Se distruggi il matrimonio, hai distrutto anche il sabato. La gerarchia tra l’uomo e la donna è stata regolata da Dio prima della caduta dell’uomo. La consacrazione femminile va a distruggere questo ordine. La moglie è sempre stata un aiuto per l’uomo. Essa non è posta al di sopra dell’uomo, né deve avere un ruolo di guida. Neanche nell’Eden prima della caduta, non è stato così, come tanti possono credere. E’ sbagliato. L’uomo ha sempre avuto un ruolo di guida nel matrimonio. La consacrazione delle donne è l’attacco e la distruzione del divino principio della creazione che inevitabilmente porta alla distruzione della seconda istituzione, del Sabato, perché sono intrinsecamente connessi. Se si contrappone alla volontà divina la questione della consacrazione delle donne, automaticamente anche il sabato viene compromesso. Questo porta all’accettazione del marchio della bestia, alla fine, perché la consacrazione femminile è un’abominazione per Dio. Più della metà delle nostre chiese hanno votato per la consacrazione femminile mettendosi contro l’ordine divino. Questo è il segno dell’inizio dell’apostasia della nostra chiesa…..

Avere votato a favore della consacrazione delle donne al ministero pastorale significa avere accettato il marchio della bestia. Quel potere che, ironia della sorte, è anch’esso assolutamente contrario all’ordinazione femminile. Quindi, la Chiesa italiana a Montesilvano 2014 nella sua maggioranza ha apostatato. Non avrebbe apostatato se sul tema l’avesse pensato come la pensa la “bestia”!

 

Riassumo alcune affermazioni di Bachelor:

“Abramo era capo e sacerdote nella sua casa…Mia moglie può condurre il culto di famiglia ma solo su mia delega… Così le donne possono anche predicare in chiesa ma solo su delega di un Capo maschio.

E’ inconcepibile che un marito che secondo la Bibbia è designato come Capo nella sua famiglia debba poi trovare la moglie come capo

nella sua chiesa!

Biblicamente parlando il maschio è il sole, la donna è la luna…

Vedi sogno di Giuseppe…

Dopo il peccato Dio disse che a causa di esso il marito avrebbe dominato sulla moglie e la parola dominare significa ciò che vuol dire…”.

 

Ovviamente, il sermone contiene a profusione messaggi sui tratti amorevoli e illuminati di cui il potere – delegato al maschio nella famiglia e nella chiesa – deve corredarsi.

Tutto nel sermone di Bachelor pare molto biblico, ma in realtà è assolutamente contrario allo spirito biblico in generale e neotestamentario in particolare per almeno i seguenti motivi:

 

1 – Il Rapporto Dio-uomo

 Il rapporto Dio-uomo che scaturisce dalla sua visione non è un rapporto Padre-figlio ma Padrone-schiavo. L’uomo che ne esce non è quello creato ad immagine di Dio e redento dal peccato, quindi chiamato a crescere nella libertà, capace di pensiero e di creatività nel bene, di scelte in rapporto al tempo e alle circostanze sempre nel bene, ma semplicemente un aeroplanino teleguidato dove ogni traiettoria è stabilita dal padre padrone.

Bachelor dimentica che nella Bibbia solo i no sono categorici poiché indicano il male, come i sensi vietati nel traffico cittadino. No a parte (non uccidere, non rubare…), l’uomo è creato a immagine di Dio, può creare alla sua luce percorsi di bene diversi e migliori. Può crescere e sviluppare la comprensione della verità. Può esistere anche una diversità nel bene. Vedi Romani 14.

Non c’è nella Sacra Scrittura nessuna proibizione a che la donna guidi una comunità. C’è solo una prassi che però contiene almeno una eccezione: Debora.

In quel tempo era giudice d’Israele una profetessa, Debora,

moglie di Lappidot.

Lei sedeva sotto la palma di Debora, fra Rama e Betel, nella regione montuosa di Efraim, e i figli d’Israele salivano da lei per le controversie giudiziarie”. Giudici 4:4-5

 

Ella aveva anche un marito e non risulta da nessuna parte nella Bibbia che quella scelta, benché anomala, fosse peccaminosa.

 

2 – Il tempo e le circostanze

Ellen White, parlando dei suoi scritti, a volte con forti toni di rimprovero ad avventisti del suo tempo, invitò risolutamente a leggerli in rapporto “al tempo e alle circostanze”.

Infatti, scrisse Ellen G. White:

n     “Dio vuole che noi utilizziamo il buon senso”. 3SM p317

n     “Circa le testimonianze occorre tenere presenti i tempi…” SM1 p. 57

n    “Le circostanze alterano le situazioni, le circostanze mutano le relazioni tra le cose”. 3SM p217

L’organizzazione della famiglia, della società e della chiesa, dovrebbe obbedire a regole di buon senso rivedibili se il tempo e le circostanze le rendono obsolete ma, soprattutto, dovrebbe tendere verso valori e principi eterni.

L’eguaglianza in intelligenza, in saggezza, in capacità tra uomo e donna appartiene alla loro natura creata tale dall’Eterno e sancita dall’identico parametro che è l’immagine di Dio.

Scrive Ellen White: “C’è un principio dietro ogni regola… Non possiamo capire correttamente la regola senza afferrare il principio”. 3SM p221

Dietro alla regola del maschio Capo, Guida e Sole, c’è il principio più vasto della creaturalità femminile e maschile creata ad immagine di Dio.

Bachelor ricorre spesso alla scala gerarchica trinitaria, ma dimentica il fatto grande è ineffabile che la processione trinitaria viene coniata a ridosso dell’Incarnazione, laddove Cristo prega ma anche ha fame, sete, soffre e muore, come un uomo.

 

3 – Il grano e la farina

Nell’intera Scrittura noi abbiamo la volontà di Dio, non di rado comunicata implicitamente o esplicitamente in due maniere diverse. In forma di farina da consumare, o di grano da seminare.

Tutti gli autori biblici ispirati esprimono questi due livelli del volere di Dio.

Nella Genesi questi due livelli si incontrano subito:

Poi Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». 27  Dio creò l’ uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò (originale: lo creò) maschio e femmina.

Dio li benedisse; e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra». Genesis 1:26-28

 

In questo testo il tema potere, per due creature create ad immagine di Dio, è da esercitarsi verso gli animali, non tra gli esseri creati a sua immagine. Il potere si annulla nella coppia che, nell’amore, diviene una sola carne:

“Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne”. Genesis 2:24

 

Gesù si richiama a questi testi per indicare l’orizzonte ideale del matrimonio. Se lo è per il ripudio e il divorzio, perché non lo deve divenire per i rapporti di potere determinati non dalla volontà di Dio ma dal peccato?

L’atto di divorzio in rapporto al ripudio è la farina della volontà di Dio, è il meno peggio, data la situazione di peccato… Il matrimonio indissolubile, la sola carne… è il grano che deve germogliare nella storia e conquistare il cuore dell’uomo.

 

Paolo, nei suoi scritti sulla donna, non è un misogino, come affermano i suoi critici, ma un realista. Anche lui esprime la farina e il grano della volontà di Dio.

Lo fa nel rapporto uomo-donna per il quale, in genere, esprime non la volontà ideale di Dio che non prevede deleghe di potere, ma la sua volontà reale in quel tempo e in quello spazio; in quella società che andava sì trasformata, ma non lo poteva essere tutta in una volta. Le rivoluzioni violente anche del costume producono fiume di sangue.

Come sulle zolle di un campo incolto, i predicatori dell’Evangelo dovevano produrre mutamenti immediati come l’aratura del campo, ma anche mutamenti in prospettiva come solo la semina silenziosa è capace di produrre.

Quando Paolo afferma:

“Servi, ubbidite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore, nella semplicità del vostro cuore, come a Cristo (Efesi 6:5)…

Servi, ubbidite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne; non servendoli soltanto quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con semplicità di cuore, temendo il Signore. (Colossesi 3:22)

non usa la parola servi, come traduce la maggior parte dei traduttori,  inquietati dalla parola schiavi. Ma i testi in questione usano la parola doulos, cioè schiavi.

La schiavitù era quanto di più ignobile potesse esistere, come la poligamia, il concubinaggio (eppure Abramo aveva schiavi e concubine). Ma anche ignobile era, ed è, l’asservimento della femmina al maschio secondo la volontà ideale di Dio che ha creato la donna a sua immagine come l’uomo.

 

Paolo, come dice agli schiavi di obbedire accettando al momento l’ignobile istituzione della schiavitù, dice alle donne di fare altrettanto, in quel contesto, in quella situazione, accettando l’innaturale rapporto di potere all’interno di una coppia che, in origine, avrebbe dovuto essere una sola carne fusa nell’amore. Ma lo stesso Paolo ha anche cura di annunciare l’orizzonte ideale di Dio:

“Infatti voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’ è né schiavo né libero; non c’ è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù”. (Galati 3:27-29)

 

Bachelor interpreta questo brano solo alla luce della salvezza. Nella salvezza non esisterebbero queste differenze. Vorrebbe dire che la schiavitù non deve esistere solo in rapporto alla salvezza?

No, qui siamo alla natura delle cose, ai rapporti tra i creati ad immagine di Dio, degenerati a causa del peccato, da tollerarsi in date situazioni storiche, ma da superarsi con gioia non appena il grano della parola è abbastanza cresciuto nei cuori.

 

 

Chi non vede nella Scrittura questa doppia espressione della volontà di Dio dovrebbe trovare sconcertante e assurdo l’appello contenuto nell’incipit di Romani 13:

Ogni persona stia sottomessa alle autorità superiori; perché non vi è autorità se non da Dio; e le autorità che esistono, sono stabilite da Dio.

Perciò chi resiste all’autorità si oppone all’ordine di Dio; quelli che vi si oppongono si attireranno addosso una condanna.

 

E dovrebbe trovare assolutamente contraddittoria la valutazione dell’impero romano che ne danno Daniele e l’Apocalisse. Laddove il potere a cui Paolo dice di obbedire è un mostro sanguinario, una fabbrica di morte e di schiavitù i cui leader trovano gioie ineffabili nel vedere gli schiavi scannarsi per gioco o essere, sempre per gioco dilaniati dalle belve nei circhi.

Paolo invita invece i cristiani ad accettare il potere (entro certi limiti certo) ma come male necessario. Ma l’orizzonte ideale non è certo costituito dal sistema romano.  In Atti 15 il potere si esprime in altra forma ed è modello di un orizzonte ideale diverso.
L’invito alla donna a tacere e a far domande al marito a casa non è l’espressione della volontà ideale di Dio, soprattutto quando la moglie, come accade non di rado, è più intelligente e capace del marito, ma semplicemente un compromesso per amore, per non compromettere il cammino dell’Evangelo in quella cultura che aveva istituzioni assai lontane dall’ideale divino.
Anche l’autorità che avrebbe avuto il padre di permettere o negare il matrimonio delle proprie figlie, se l’essere umano è

creato libero, non può appartenere alla volontà ideale di Dio, appartiene invece al realismo paolino; è quindi farina da consumare nel provvisorio, non grano da seminare per l’avvenire.

“Ma se uno crede far cosa indecorosa verso la propria figliola nubile se ella passi il fior dell’ età, e se così bisogna fare, faccia quello che vuole; egli non pecca; la dia a marito.  Ma chi sta fermo in cuor suo, e non è obbligato da necessità ma è padrone della sua volontà e ha determinato in cuor suo di serbare vergine la sua figliola, fa bene.  Perciò, chi dà la sua figliola a marito fa bene, e chi non la dà a marito fa meglio.

(I Cor. 7: 36-38)

 

La cultura, grazie anche alla semina evangelica, è cambiata e il consiglio, non il valore che gli sta alla base, decade.

Oggi, proprio le posizioni di Bachelor rendono impossibile, nell’umanità colta e democratica, il cammino dell’Evangelo.

 

4 – I valori, la natura umana e gli schemi organizzativi della famiglia, della società, della chiesa

 L’apostolo Paolo dovette essere assai distratto quando, esprimendosi non su prassi storicizzabili, cioè legate a situazioni contingenti, ma su valori eterni e universali, non ha cura di inserire in ciò che è universale e non negoziabile nel tempo e nello spazio, problematiche come le deleghe di potere:

“Fate dunque morire ciò che in voi è terreno: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e cupidigia, che è idolatria. Per queste cose viene l’ira di Dio [sui figli ribelli]. E così camminaste un tempo anche voi, quando vivevate in esse. Ora invece deponete anche voi tutte queste cose: ira, collera, malignità, calunnia; e non vi escano di bocca parole oscene. Non mentite gli uni agli altri, perché vi siete spogliati dell’uomo vecchio con le sue opere”. Col. 3:5-9

 

Nemmeno quando l’apostolo parla dell’uomo carnale (l’uomo separato da Dio) egli si occupa di deleghe di potere:

 

“Ma se siete guidati dallo Spirito, non siete sotto la legge.  Ora le opere della carne sono manifeste, e sono: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sette,  invidie, ubriachezze, orge e altre simili cose; circa le quali, come vi ho già detto, vi preavviso: chi fa tali cose non erediterà il regno di Dio.  Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo; contro queste cose non c’è legge.  Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri.  Se viviamo dello Spirito, camminiamo anche guidati dallo Spirito. Galati 5:18-23

 

Nel sermone di Bachelor il male non viene fatto coincidere, come fa la Bibbia, con la degenerazione dei sentimenti, con l’uso malvagio del potere, con l’oppressione dell’uomo sull’uomo, con tutto ciò che, nei fatti, equipara l’uomo a materia inerte, utile o meno alla nostra storia.

Il male viene  identificato con la titolarità sessuale della delega al potere.

Il male non è soprattutto nella malvagia gestione del potere, ma del sesso destinato ad esercitarlo.

Per il pastore Bachelor è biblicamente evidente: è il maschio che è stato designato al comando. Sua è la delega divina all’esercizio del potere, in famiglia, nella chiesa, ovviamente nello stato.

Ma, i mali immensi che hanno colpito la famiglia, la società e la chiesa, nella lunga storia di orrori del potere, non sono mai derivati dai caratteri esteriori di chi ha assunto le deleghe di potere (maschio, femmina, gay, giovane, vecchio….) ma dalle fondamenta etico-spirituale dei gestori del potere.

 

L’uso inquietante del testo biblico in Bachelor raggiunge il suo apice nella interpretazione di Genesi 3:16:  

Alla donna disse: «Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli; i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te.

 

Il dominio della donna sull’uomo non è compreso da Bachelor come un’amara predizione su come, a causa del peccato, non della volontà di Dio, il rapporto d’amore tra l’uomo e la donna si trasformerà in un rapporto di potere che favorirà il soggetto fisicamente più forte… Ma, addirittura, come una delega divina al dominio.

 

5 – Il pastore è capo o coordinatore?

Nella struttura organizzativa avventista un pastore è un capo, ha un reale potere? E se è un capo, cosa significa nei fatti questa parola?

Le indicazioni evangeliche non mi pare che vadano verso l’equazione capo-potere.

“Ma voi non vi fate chiamare ‘Rabbì’; perché uno solo

è il vostro Maestro, e voi siete tutti fratelli.

Non chiamate nessuno sulla terra vostro padre,

perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei cieli.

Non vi fate chiamare guide, perché una sola è la vostra Guida, il Cristo;

ma il maggiore tra di voi sia vostro servitore. Chiunque si innalzerà sarà abbassato e chiunque si abbasserà sarà innalzato”. Matteo 23:8-12

 

È la Bibbia che si contraddice o anche qui siamo di fronte alla volontà di Dio data come farina o come grano.

Può essere necessario in certe circostanze che un capo abbia del potere (che è libertà di decidere) ma il progetto ideale di Dio non prevede “né maestri, né padri spirituali, né guide…”.

Noi, che abbiamo la fortuna di vivere un tempo storico di democrazia (la formula più vicina al concetto biblico di razza umana), dovremmo tendere a non avere leader-capi, ma leader-coordinatori. Il pastore, nell’ordinamento avventista, non è un capo carismatico ma un coordinatore la cui visione, le cui decisioni riguardo al gregge, sono sottoposte alle leggi della chiesa, al comitato di chiesa, all’assemblea di chiesa. I comitati di chiesa e le assemblee amministrative non sono, nell’ordinamento avventista, istituti consultivi ma deliberanti. Il pastore, quindi, non è un capo nel senso antico del termine, ma un coordinatore democratico.

 

6      È necessario che la famiglia abbia un capo e che sia maschio?

Nella storia che abbiamo alle spalle certamente il maschio è stato, nella maggior parte dei casi, il capo carismatico della famiglia.

È difficile però capire come si invochi la storia a sostegno di una delega di potere divino nei confronti del maschio.

Per secoli, i re hanno legittimato il loro potere come proveniente da Dio. Come essendo esso nella natura delle cose. Il sole e la luna, appunto. Sono lì. Sono un fatto naturale. È la luna che naturalmente non emana luce propria ma riflette luce non sua, quella del sole-maschio, appunto.

Mi è veramente difficile capire come non ghiacci il sangue in ricordo della storia di violenza e di orrori che tutto ciò ha comportato. Né che non ci si ricordi che Hitler e Stalin erano maschi.

 

La legge italiana, sino a non molti anni fa, prevedeva un articolo che imponeva alla moglie di “seguire il marito dovunque egli avesse ritenuto fissare la sua dimora”.

Mio padre lo ricordava spesso a mia madre. È infatti mia madre se n’è andata. Ma non tutte le donne hanno avuto questo coraggio e hanno pagato con l’annullamento di se stesse, e spesso degli stessi figli, questa visione di potere delegato direttamente da Dio, di sole e luna.

Le leggi italiane attuali hanno cancellato questo orpello degenerativo della storia. Si sono maggiormente avvicinati all’ideale divino. Bisognerebbe gioirne, invece si rimpiange il bel tempo antico della donna equiparata alle proprietà maschili.

 

In casa mia non c’è un capo, ma una coppia che vive assieme da quarantun anni. Non c’è un capo ma c’è confronto, a volte difficile, ma confronto sempre e decisioni congiunte. Mia moglie non viene a vivere dove ho scelto di vivere io, ma andiamo a vivere dove assieme abbiamo scelto di vivere. Non ho nulla per essere il sole. Il sole è un altro e ci ha lavato i piedi ed è venuto sulla croce.

I tempi, le circostanze, la cultura democratica prevista in chicchi di grano dalla Genesi all’Apocalisse sono fiorite nel mio cuore e, grazie a Dio, ancor prima nel cuore della civiltà occidentale.

Purtroppo c’è chi non ci sta e il femminicidio prova che l’antica concezione del possesso è dura a morire.

 

7      – La donna ha i caratteri naturali necessari per essere pastore?

PPPROVAÈ una domanda sbagliata. Poiché tra gli umani non esistono il maschio e la femmina, ma circa tre miliardi e mezzo di femmine, e qualcosa in meno di maschi, ognuno dei quali è un universo a sé, senza denominatori assoluti comuni al genere maschile o femminile.

Il pastore Bachelor, e quanti come lui si oppongono all’ordinazione femminile, insistono nell’elencare le differenze tra maschio e femmina. E certo, statisticamente, ci sono. Grazie a Dio esiste una diversità, ma l’unica assoluta e incontrovertibile è quella di concepire un bambino. Le altre sono ogni volta e per ogni caso da accertare.

In ogni caso, vista la storia, la diversità maschile, la sua attitudine al potere ha costellato la storia di orrori.

Si è per lungo tempo sostenuto che la donna non potesse accedere a ruoli eminentemente maschili: medico, matematico, ingegnere, leader politico, aziendale…

Forse, statisticamente, è possibile una maggiore predisposizione maschile a certi ruoli… ma soggettivamente, la storia recente dimostra che alle donne nulla è precluso, tutto possono essere capaci di fare… Spesso prima e meglio. Non è un caso che le donne si laureano mediamente assai prima dei maschi.  Purtroppo, esse sanno fare anche le cose peggiori di cui sono capaci i maschi.

Donne pastore?  Non c’è nulla a cui un pastore è chiamato che una donna non possa e non sappia fare. Soggettivamente, non oggettivamente; esattamente come per i maschi.

Da insegnante ho avuto coppie di allievi, mariti e mogli che facevano lo stesso corso. Ho trovato donne superiori ai mariti e mariti superiori alle mogli.

Non si tratta di stabilire se la donna è in grado di fare il pastore ma se è in grado di farlo: Giovanna Rossi di anni 27, nata a…, il…… Esattamente come avviene per i maschi.

Può darsi che – ma è tutto da dimostrare – che statisticamente i maschi siano più predisposti, ma tutto ciò nulla significa nello specifico, poiché la figura del pastore prevede una scelta soggettiva da parte della chiesa.

 

I mali alla chiesa non vengono dal genere sessuale del pastore, ma da mali antichi quali l’amore per il potere, per il primato, l’invidia, la gelosia, la menzogna, la pigrizia, l’indifferenza…

Annunciare Cristo e promuovere le virtù contrarie e salutari, grazie a Dio, non sono un’esclusiva maschile.

Pastore Bachelor, dia retta a me, non deleghi il suo potere a sua moglie; elimini proprio la parola, stona in una relazione d’amore e lasciamo che l’unico sole sia quello di giustizia che adoriamo e  attendiamo.

PPPROVA

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