Favole di Borlotti seconda parte

 

Arco e Nero seconda parte
Un favola di Borlotti, al tramonto

Si stava spegnendo una lunga giornata di sole di fine luglio sulle foreste casentinesi; gli abeti vicini la quercia del Rossi di fronte all’orto del Razzotti quasi grondavano resina; il gigantesco rovere era esausto anche perché per tutto il mese non era quasi piovuto. Fortuna che benché distante una cinquantina di metri, le sue radici, qualcosa raggiungevano dell’acqua che attraversava i solchi ben irrigati del Razzotti.
“Guarda Nero – disse Arco, il Borlotto più ciarliero dell’orto- il sole sta morendo e già Venere splende. Sarà una bella nottata di grilli e di lucciole questa che viene.”
“Si Arco- rispose Nero, affettuoso come sempre – ma ho l’impressione che vedrò poco di questa notte. Ho sonno, sono stanco, faccio fatica a tenere gli occhi aperti”.
“Eh, sarà così anche per me, Nero – replicò malinconico Arco- Siamo vecchi ormai. Non ci restano che pochi giorni di vita. Forse una settimana o poco più. Il Razzotti ha fretta di liberare questa strisciolina di terreno lungo la siepe. Come tutti gli anni la seminerà a rape e ci trapianterà i broccoli. I sapori dell’infanzia non si dimenticano!”
“Ti dispiace Arco?”
“Che la seminerà a rape?”
“No, burlone, ti dispiace che presto non ci saremo più?”
“No, anzi, sono troppo stanco, sento troppo il sole che mi inaridisce sempre di più, è ora di partire e possiamo lasciare questo orto felici.”
“Sento anch’io come te Arco. E’ ora di andare. Lo possiamo fare con gioia, siamo stati entrambi fedeli alla nostra natura. Certo, mi farà piacere un giorno ritornare a chiacchierare nel paradiso dei Borlotti che verrà. Ma, ora buona notte Arco, ho proprio sonno.”
Arco non rispose che già dormiva e il suo ronfare si confondeva con il ronfare dei vecchi Borlotti che esausti tutti non riuscirono a vedere Cassiopea che in assenza di luna dominava il cielo, né l’esercito silenzioso di lucciole che vegliò quella notte l’orto del Razzotti.

All’alba, con il primo timido sole che appena appena cominciava a ravvivare la cima della Calla, il Razzotti assieme a sua moglie passò con il paniere a raccogliere Borlotti.
“Che meraviglia! Disse il contadino all’amata aprendo con le unghia un lungo baccello di un fucsia acceso… Sei chicchi bianchi striati anch’essi di fucsia, l’uno accanto all’altro, parevano perle addormentate in sei soffici minuscole conchiglie foderate di seta.
“Si davvero! – Rispose la sposa – Questa è la quinta raccolta. Abbiamo cominciato con le taccole, una squisitezza con le tagliatelle e poi con i primi Borlotti sgranati, proprio un godìo con il pomodoro, all’uccelletto…”
“Questa è l’ultima però, i baccelli che restano li facciamo seccare con le piante per perpetuare il seme. Tra una decina di giorni libereremo il terreno e, in ricordo di Maria Roberto di Cosenza, sgraneremo i baccelli secchi e li conserveremo all’asciutto.”

“Hai sentito Arco? “Disse Nero stiracchiandosi per quel poco che gli permetteva ancora la schiena appena appena attraversata da un filo di linfa e le braccia ormai quasi del tutto anchilosate.
“Certo che si!” Rispose Arco stiracchiandosi anche lui per quel poco che potè. “Ma ne sono felice, la nostra vita continuerà qui a Campiano di Poppi attraverso i nostri cento e passa figli. La Maria Roberto ne sarebbe felice e poi, e poi ci addormenteremo per ricomparire nel regno di Dio, Ci saremo anche noi, vero Nero, io ci credo profondamente.”
“Certo che si! E che sarebbe la nuova terra senza i Borlotti?”

Proprio mentre pronunciava queste parole, la sposa sedendosi sulla panchina accanto a lui chiese al Razzotti un po’ per celia ma anche un po’ sul serio: “Ci saranno gli orti nella Nuova Terra? Ho l’impressione che se non li troverai chiederai di tornare indietro!”
“Certo che si! Il Paradiso non è né quello di Virgilio né quello di Dante ma questa creazione meravigliosa e offesa, rinnovata, restaurata, redenta.” E così dicendo invitò la sua sposina a contemplare il filare di pomodori che rossi come sangue si pavoneggiavano al sole, e i calici gialli delle zucche che si erano appena schiuse alle api, ai coleotteri che ronzando colazionavano di gusto…”
“Che meraviglia i fiori di zucca – disse sorridente il Razzotti- Pensa che una volta nell’orto di Villa Aurora ne avevo raccolto un mazzo e volevo offrirteli… Ma poi ho creduto che mi avreste preso per pazzo…”
“Certamente, meno male che non lo hai fatto! Che si offrono fiori di zucca ad una ragazza!”
“No, certo, eppure sono così belli!”
“Ma allora, davvero nella Nuova Creazione avremo gli orti”?
“Io ne sono convintissimo e questa convinzione non appartiene al regno delle futilità, alle discussioni sul sesso degli angeli ma, a mio parere, ad una visione biblico di Dio, dell’uomo…”
“in che senso?”
“Nel senso che la materia così come la conosciamo, a differenza che nel paganesimo che era malvagia ed eterna, nella Rivelazione è naturalmente buona ed è stata creata da Dio e da Dio dichiarata buona. Così come questa natura. L’habitat dell’uomo fu un giardino. La fisicità dell’uomo, la sua corporeità e quella della natura non è opera del male ma Creazione buona di Dio. E’ il peccato, l’assenza di Dio che ha prodotto “spine e triboli…sudore e dolore…malattia e morte…La corporeità non è conseguenza del peccato ma atto creativo voluto”.
“Questa creazione ci racconta ancora di Dio, come creatore di bellezza e non per nulla il patto con Noe fu un arcobaleno di colori! Perché questa creazione dovrebbe essere annullata se è frutto della creatività di Dio? Perché dovrebbe essere annullata la corporeità?
E’ il male che l’ha corrotta che deve essere annullato. Non dice Paolo che:

“Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio;
perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta,
nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio.
Sappiamo infatti che fino a ora tutta la creazione geme ed è in travaglio;
non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo”. Romani 8:19-23

“Hai sentito Arco – disse Nero felice – Ci saremo anche noi, lo dice il pastore ma soprattutto lo dice la Parola di Dio!”
“Oh!, si che ho sentito Nero – rispose Arco strafelice – Arrivederci allora! Oggi mi sa che è il nostro ultimo giorno di Borlotti coscienti. Il sole è sempre più forte. Razzotti non ha innaffiato il nostro solco.
“Eh, si, proprio così – replico nero con un filo di voce Nero – Arrivederci!”

Il sole raggiunse oltre quaranta gradi quel giorno ma ne furono felici i pomodori, i cetrioli rampicanti a cui bastò soltanto quella giornata e quella dopo per trasformare alcuni suoi fiori in verdi succosi frutti ma ne furono felici anche le melanzane nere e quelle viola, e le zucche ovviamente.
I borlotti seccarono completamente e il giorno dopo il Razzotti muovendo la rete li sentì tintinnare nei baccelli, pronti a dormire e a rinascere a primavera per perpetuare la vita sino all’avvento del paradiso degli umani, e dei Borlotti.

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