Recensioni “Il Terzo treno”

 

Lettera di Paolo Mariotti  Cattolica di Rimini

Paolo MariottiHo finito di leggere in questo momento la trilogia del ‘Razzotti’.

Me li sono bevuti tutti d’un fiato e sinceramente mi è dispiaciuto non averlo fatto prima.

I treni per me hanno significato molto perchè da bambino non avevamo la macchina per cui ogni spostamento era fatto con questo bel mezzo di locomozione. Abitavo in un paese in cui il treno scandiva gli orari del ‘villaggio’: “torna a casa prima del treno dell 7 !” oppure “La cartoleria di Gigetto apre subito dopo il treno delle 5 “.

Il treno era per me anche l’unico mezzo per scoprire il resto del mondo, fosse anche soltanto andare al mare o partire per la carriera militare.

Sui tre treni di Razzotti ho conosciuto un’esperienza incredibile: tanto dura come mai avrei potuto immaginare e così tanto ricca che probabilmente non proverò mai.

Ed ho conosciuto Razzotti che poi tanto diverso da me non è ! Un viaggiatore nel tempo, con le sue aspettative e le sue tragedie ma che con fierezza e coraggio non si è fatto sopraffare dalla vita.

Ho conosciuto Gosto Sarti ed una grande storia di amicizia come ora non si trovano più. Fino alla fine speravo che la conclusione fosse quella che noi abbiamo messo in scena; scoprire invece che Razzotti non è arrivato in tempo mi ha lasciato sgomento. Quante volte non sono arrivato in tempo !!!!

Fortunatamente DIO arriva sempre in tempo e alla domanda: “ma come hai fatto a capire ?” Lui risponde: “Perchè ti conosco !”. Forse così ho accettato la morte di Gosto come l’incontro con l’Amico che lo ha sempre accompagnato.

Ho conosciuto il pastore che non si nasconde dietro dei dogmi teologici ma si mette in gioco accettando anche i consigli da parte di un potenziale ‘nemico’: Don Secondo. Che bello scoprire la fede attraverso l’esperienza personale di due uomini che secondo la ‘carta’ dovrebbero essere distanti ed invece sono molto vicini.

Ho conosciuto la Calabria, una terra molto bella (anche il libro che mi hai regalato raccontava di questa splendida regione). E’ un peccato che la pochezza del mondo associ questa terra alle ‘male-imprese’ di pochi uomini, dimenticando la bellezza della sua storia fatta di persone coraggiose e dei suoi paesaggi.

Come ho già fatto in passato probabilmente chiederò a mia moglie di organizzarmi un viaggio a Rossano così da percorrere personalmente le strade e i luoghi vissuti da Razzotti: perchè ogni racconto per me è reale.

 

Grazie Rolando per tutto quello che mi hai dato.

Con Affetto

Paolo

 

 

 

 


 

Intervento del prof. Salvatore Cesario dell’università di Firenze alla presentazione de “Il terzo treno” nella Sala Consiliare della Regione Toscana il 13 gennaio 2012

 

Per parlarvi di Rolando e della sua trilogia, un cenno alla sineddoche…

Salvatore CesarioCome tutti sapete, si tratta di quella forma retorica che consente di indicare il tutto attraverso una sua parte: ad esempio, la nave attraverso la vela: “Vedo all’orizzonte una vela” significa: “Vedo all’orizzonte una nave”;

Vi ho parlato della sineddoche per parlarvi di Rolando.

Siamo alla fine degli anni cinquanta. Sono arrivato a Firenze per gli esami. A Villa Aurora. Sto riassettando le mie cose nella mia camera: sento qualcuno urlare una canzone o un inno…

Mi affaccio: sembra un bambino; è tutto intento a spazzare con un enorme scopone un viale (di Villa Aurora).

Incuriosito, scendo…

e inContro… Le labbra DI ROLANDO…

NOn incontro Rolando…

incontro le sue labbra…

La parte per il tutto…

Ecco, Rolando, da allora, è rimasto per me la più bella incarnazione della sineddoche.

Le sue labbra erano “enormi”.

Enormi,non a causa di una deformazione.

Ma in virtù, per l’appunto, della sineddoche.

Enormi perché erano una “parte” che esprimeva un “tutto”…

E un “tutto” strabordante: Rolando era un ragazzo che

cantava;

allegro;

e a squarciagola.

Mentre lavorava.

Quell’allegria, quel canto, quello squarciagola (nel bel mezzo del lavoro allora manuale) dicevano, predicevano che sarebbe diventato un predicatore (e anche che tipo di predicatore sarebbe diventato).

 

♕♗

Qualche anno fa, una telefonata… Era Rolando. Non lo sentivo da qualche decennio. Mi dice che presenterà il suo primo romanzo e mi invita. Si parla del più e del meno; ad un certo punto: “A  te debbo – mi dice Rolando – l’iniziazione [o qualcosa di simile] alla lettura e alla scrittura”.

“Che vuoi dire?”, gli obietto.

“Non ricordi?”, mi risponde.

“No, non ricordo niente!”

Rolando mi racconta di quando l’ho chiamato in camera, gli ho regalato un pullover e un libro.

“Che libro?”, gli chiedo.

“L’uomo che ride!”

Rimango perplesso. Poi commento: “Allora qualche cosa di buono nella vita l’ho fatta anch’io”.

Devo dirvi che mi sembra un episodio troppo bello per essere vero.

Forse il “romanziere” l’ha un po’ ritoccato.

E l’ha inserito, insieme ad altro, nel secondo romanzo.

Comunque ringrazio Rolando.

Soprattutto se, quell’episodio, l’ha inventato!

Il suo intuito artistico lo ha ispirato a strutturare, se è partito dal nulla, o a ristrutturare, se è partito da un nocciolo di verità, quell’episodio perché la sua rammemorazione potesse diventare un balsamo per me.

Nel momento forse più buio della mia vita.

 

♕♗

 

 

Che dire della trilogia di Rolando?

Ho scritto su Hitchcock, su truffault… Ma non sono un critico cinematografico.

Ho scritto su Simenon, su Proust e su Kafka…

Ma non sono un critico letterario.

Ricordo l’insegnamento di Garin (che, insieme a Cantimori, rimane il mio vero maestro): “Leggete romanzi! C’è più filosofia nei romanzi che nei libri di filosofia”.

Ho imparato la lezione e ho detto sempre ai miei studenti: “Leggete romanzi! C’è più psicologia nei romanzi che nei libri di psicologia.

Pensando alla trilogia di Rolando: c’è più teologia nei romanzi che nei libri di teologia.

In Simenon ho studiato l’abduzione; e ho scoperto che Simenon era andato ben oltre Peirce che, l’abduzione, l’aveva inventata; in Proust ho studiato la “posteriorità” e ho scoperto che Proust, col suo après-coup, era andato ben oltre Freud che, la “posteriorità (Nachträglichkeit)”, l’aveva inventata;

Ecc.

Ripeto, non sono un critico letterario.

Dirò quindi un semplice parere di un passante: le pagine più belle sono quelle in cui Rolando o descrive un paesaggio naturale o descrive un fatto che avviene in una scena “naturale”.

Sono questi i momenti in cui egli usa un linguaggio insieme appassionato e preciso. Preciso e appassionato.

E appassionante.

Quasi che il culmine della sua esperienza fosse la comunione insieme panica e analitica col mondo; e col mondo della natura in particolare.

E l’apice della sua scrittura fosse l’espressione perfetta di questa miscela di pan e di analisi.

È per questo che ho consigliato Rolando di scrivere delle poesie (anche dei racconti; soprattutto: dei racconti brevi; se non brevissimi).

Che dire?

Sono qui a lodare le poesie e i racconti brevi contenuti nella sua trilogia.

 

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