Il duemilasedici

 

Greve assai è stato questo duemilasedici
Ennesimo segmento insanguinato
Dell’ennesimo secolo malvagio.
Le meravigliose conquiste della scienza
Hanno ancora dilatato la viltà e il cinismo dei potenti
Che hanno “pasciuto più che mai i loro cuori”
In tempo di stragi
Affidando ai droni guidati dal web
La devastazione e la morte,
la vana fuga per i deserti infuocati,
Per i mari assassini.
Alla Casa più potente della terra,
Di bianco dipinta come i sepolcri d’oriente,
Dopo la pelle nera della speranza
Ritorna un Sigfrido,capelli di grano, occhi di cielo
Che attraversa le nuvole in salotti dorati
E si immerge in vasche a forma di cuore
Dai rubinetti d’oro.
Eppure anche in questo duemilasedici
L’erica ha ancora spruzzato di speranza
Gli anfratti brulli delle montagne;
I gerani hanno ancora ingentilito i balconi;
I papaveri rossi sono tornati sui greppi incolti,
Nei giardini e negli orti ha ancora trionfato la vita
Dai calici d’oro delle zucche al viola delle prugne.
Dalle scogliere sono ancora scese sul mare
nugoli di gabbiani festanti;
Dall’Africa sono ritornate a garrire sui tetti
torme di rondini;
Dal mistero dell’amore
Ci hanno riscaldato le braccia
Frotte di bimbi
Che sanno di aurora, di caldo, di talco e di lavanda.
Neppure sono mancati gli operatori di pace.
Oh Signore!
Non hai ancora attuato la tua promessa
Con Giobbe non ho parole di fronte al tuo mistero
Alla tua certa giustizia infinita
Ma la mia anima geme con la tua creazione.
Perdona le mie paure e accetta le mie lacrime.
L’anno prossimo a Gerusalemme?

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